Il Manuale di sopravvivenza per dimagranti ® – Una nuova normalità

 “…e il guaio è che non te ne accorgi.

“Per Elisa” Alice

Ovvero del fatto che ormai diamo tutto per scontato, soprattutto le cose “normali”.

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Sicuramente vi starete chiedendo cosa ci stia a fare un enorme spazzolino da denti con l’immancabile ricciolo di dentifricio sul nostro sfruttatissimo megaschermo alle mie spalle. Non chiedetevelo, non ci arrivereste mai… non per mancanza di perspicacia da parte vostra, per carità, ma perché… fidatevi, ricordatevi dell’immagine e seguitemi, come sempre, nel nostro ragionamento.

Per prima cosa sostituiamo lo spazzolino gigante con alcune righe tratte da uno dei racconti più divertenti, ironici, lirici, romantici e malinconici scritti dal signor Mark Twain, “Il diario di Eva”, tanto bello quanto sconosciuto.

A parlare è la piccola Eva, che ha solo un giorno e tutto ciò che vede le sembra un prodigio e una meraviglia. Osserva le cose con lo stesso sguardo dei bambini, per i quali tutto è esattamente come appare. Sarà curioso accorgerci di come, fatte le dovute proporzioni, anche noi le assomigliamo, solo che per noi non c’è la scusante di avere solo un giorno di vita.

“[…] le stelle sono belle. Ne vorrei un paio, me le metterei nei capelli. Ma ho la sensazione che non riuscirò mai ad averle. Vi sorprenderebbe scoprire quanto siano lontane, perché non sembrano così distanti. Quando la notte scorsa, per la prima volta, sono apparse, ho provato a tirarne giù qualcuna con un bastone, ma con mia grande sorpresa non sono riuscita a toccarle; poi ho provato con delle zolle di terra, ci ho provato e riprovato tanto da restare, alla fine, senza forze, ma non sono riuscita a colpirne una, mai. Il fatto è che sono mancina e non mi riesce di tirare come si deve.

Così per un po’ ho pianto, reazione naturale, credo, per una della mia età, poi, dopo essermi riposata, ho preso un cestino e mi sono incamminata alla volta di un posto, sul bordo estremo del cerchio, là dove le stelle erano vicine alla terra e dove avrei potuto raccoglierle con le mani e sarebbe stato molto meglio così, perché in quel modo avrei potuto coglierle amorevolmente, senza spezzarle. Ma era più lontano di quanto pensassi e alla fine dovetti rinunciarvi; ero stanca al punto da non riuscire a trascinarmi un passo più in là; e avevo un gran male ai piedi.

Povera Eva: quante cose ha dovuto scoprire da sola senza nessuno che, a un certo punto, le svelasse la verità! In teoria, per noi, le cose dovrebbero andare meglio, se non che, messi sul chi va là, anche noi dobbiamo prendere atto che spesso le cose non stanno come le abbiamo sempre immaginate.

Del resto, quante sono le cose che nella nostra vita, per conoscenza diretta o indiretta, abbiamo appurato non “stare così” come avevamo immaginato? Se ci pensate, la lista è straordinariamente lunga e diventa chilometrica se si considerano anche i massimi sistemi, ovvero le posizioni che, nel corso dei secoli, l’uomo ha dovuto cambiare alla luce di nuove acquisizioni soprattutto in campo scientifico. Ma il bello è che molte delle nostre conoscenze non sono neppure esatte! Mi rendo conto che sia paradossale, ma vi assicuro che c’è un abisso tra ciò che è realmente e ciò che abbiamo sempre immaginato che fosse. Vi faccio un po’ di esempi, giusto per rimarcare l’importanza di quello che è importante sottolineare in questo capitoletto (ricordate? Lo spazzolino, il dentifricio…).

Immagino che da bambini abbiamo seguito tutti con fierezza le vicende del nostro Cristoforo Colombo che perorava il raggiungimento delle Indie per via marittima, viaggiando verso ovest, piuttosto che ad est. È opinione comune che uno dei meriti di Colombo fu quello di avere insistito sul concetto di sfericità della terra contro le credenze del tempo che la volevano piatta. Forse così ci avrà spiegato la maestra o avremo mediato questa impressione da mille altre affermazioni a riguardo, sta di fatto che “la sfericità della Terra è considerata una nozione acquisita, ben nota e non più argomento di discussione sia da Platone sia da Aristotele. Eratostene, nel III secolo a.C., non solo usò coordinate sferiche per rappresentare i punti della superficie terrestre, ma calcolò anche con ottima approssimazione la circonferenza della Terra. Al tempo di Plinio il Vecchio, nel I° secolo, la forma sferica era generalmente accettata da tutti gli intellettuali nel mondo occidentale. Tolomeo disegnò le sue mappe considerando la Terra sferica e sviluppò il sistema di latitudine e longitudine. I suoi scritti furono basilari per l’astronomia europea nel corso del Medioevo, sebbene ancora nella tarda antichità e nel primo Medioevo si trovi qualche raro autore (come Cosma Indicopleuste) che sostiene la piattezza della Terra. La moderna idea (sbagliata) che nel Medioevo si credesse che la Terra fosse piatta è entrata nell’immaginario collettivo nel XIX secolo, frutto delle idee positiviste.  [direttamente dalla solita Wikipedia].

E questo è solo un esempio di quante cose crediamo comunemente e sono prive di qualsiasi fondamento.

La fisiognomica è una scienza, o presunta tale, che si è posta l’obbiettivo di trovare corrispondenze tra fisonomia e carattere. A parte la pretesa di desumere dai tratti somatici indicazioni sulle qualità morali e capacità intellettive di un essere umano, ha avuto grossa risonanza ai suoi tempi la teoria di Johann Kaspar Lavater (1741 – 1801) che poggiava sull’assunto che i tratti salienti del volto, assimilati a quelli degli animali, potessero suggerire la presenza delle qualità di quello stesso animale: l’acutezza dell’aquila, la fierezza del leone, l’insipenza del somaro, la stolidità della scimmia. Il suo libro “Frammenti fisiognomici” è pieno di disegni di teste umane e di teste di animali raffrontate nel tentativo di identificare la maggior quantità di similitudini possibili. Peccato che oggi sappiamo che l’acutezza dell’aquila è solo di carattere ottico, mentre per il resto è un comune uccello con un cervello di pochi grammi; che la fierezza del leone non è a prova di opportunismo, fregando spesso le prede catturate da altri animali; che l’asino è tutt’altro che stupido e che la scimmia si piazza buona seconda nella graduatoria dell’intelligenza planetaria (in attesa di comprendere a fondo le reali capacità del delfino e degli altri cetacei…).

Ma a parte questi esempi colti e, diciamocelo pure, a noi un po’ distanti, quante sono le leggende metropolitane e le cosiddette bufale a cui abbiamo sempre dato credito, salvo ricrederci, a malavoglia, una volta messi di fronte alla verità? E chissà quanti ora, di fronte alle seguenti rivelazioni, penseranno risentiti: “ah no, questa non è una leggenda, perché conosco bene chi me l’ha detto…” salvo dovere ammettere che a nessuno di noi è mai successo nulla del genere. Ma del resto, adesso che con l’avvento di internet sono comparse e proliferano feconde bufale e leggende, assumendo credibilità mail dopo mail, come si fa a distinguere il falso dal vero? A scanso d’equivoci sappiate che:

nessun giovane maschio, dopo una notte di passione ha trovato sullo specchio del bagno la scritta “Benvenuto nel mondo dell’AIDS”;

tantomeno si è trovato nudo in un fosso e privo di un rene;

i dobermann non impazziscono verso i 7 anni a causa della crescita del cervello compresso in una scatola cranica troppo piccola;

i cerchi nel grano non sono fatti dagli alieni;

né questi si sono stabiliti a Città del Messico, ben integrati con i locali;

non esistono ragazze morte che fanno l’autostop in giorni di pioggia, prendono in prestito kway gialli e poi tornano nella loro bara, dove l’indomani vengono trovate ancora umidicce e con addosso il kway giallo;

neppure col kway rosso;

non esistono figurine che non vanno leccate perché contengono droga: esistono solo figurine che non vanno leccate e basta;

D’Annunzio non si è fatto togliere nessuna costola e per nessun motivo;

Bill Gates non regala soldi a chi prova i suoi programmi;

gli occhiali a raggi x non funzionano;

Elvis è morto davvero;

non esistono trucchi per telefonare gratis;

il seno rifatto non esplode in volo;

ascoltando certi dischi al contrario non si ricevono pericolosi messaggi satanici;

non esistono scie chimiche lanciate nel cielo dalla Cia;

dai water di New York non escono coccodrilli;

a baciarsi con l’apparecchio non ci si incastra;

il sultano del Brunei non regala nulla a chi gli invia gli auguri di buon compleanno: nè Ferrari, nè Porsche… e neppure cioccolatini;

la Società Americana per la Ricerca sul Cancro non donerà tre cent per ogni copia di un determinato messaggio che diffonderete;

l’FBI non sa che scambiate musica illegale;

se si inoltrano messaggi a dieci persone la vostra vita non cambia;

quattro cellulari messi vicini non riescono a far esplodere alcun chicco di mais, figuriamoci trasformarlo in popcorn;

se saltiamo tutti insieme non spostiamo un bel niente, altro che la terra;

sotto spirito non c’è da nessuna parte un cucciolo di drago;

nessun sub si è mai calato da un elicottero direttamente nella bocca di uno squalo saltato fuori dall’acqua apposta per ghermirlo!

le gonne con l’immagine delle gambe e delle mutande non sono l’ultima moda giapponese;

nei retrobottega dei negozi cinesi non si rapiscono giovani donne;

neppure in quelli dei negozi italiani;

in nessun retrobottega si rapiscono giovani donne;

Coca-Cola e Mentos non fanno esplodere lo stomaco di nessuno;

gli spinaci non contengono tutto quel ferro che si pensa;

in svizzera nessun pazzo furioso nasconde aghi all’HIV nelle poltrone dei cinema;

nessuna agenzia statunitense offre “safari” nei quali si spara alle donne nude pallottole di vernice;

veramente, non perdete tempo a cercarla.

Concluderei, se me lo consentite, con quella che a mio modesto parere rappresenta il top nella classifica delle credulonerie, ovvero la vicenda dei “Bonsai Kitten”, i gatti in bottiglia, montata ad arte da studenti burloni del Massachusetts Institute of Technology (MIT), una delle più importanti università di ricerca del mondo mica bau bau micio micio. In breve, in un sito venivano pubblicate le istruzioni e il kit per creare veri e propri “gatti in bottiglia”, costretti ad assumere, via via che crescevano, le dimensioni e le forme del contenitore di vetro in cui venivano fatti crescere. Man mano che la notizia si diffondeva (sotto forma di catena di sant’Antonio) aumentavano l’indignazione degli animalisti e delle persone dal cuore tenero, le forme di protesta, gli articoli di denuncia e persino le ricerche ufficiali (addirittura dell’FBI) per scovare il fantomatico scienziato giapponese (!?) autore delle malefatte. Ci hanno creduto e si sono scandalizzati a bizzeffe tanto che sono circolate un infinità di mail per la raccolta di firme contro questa barbarie… essì che sul sito un po’ di odore di fumo non mancava, ad esempio il fatto che gli studenti del MIT si offrivano per mettere in bottiglia addirittura delle mucche… più bufala di così!

Bene, dopo questa simpatica carrellata di fatti a cui, se non tutti almeno ad uno, abbiamo creduto, certamente tornerete a chiedervi: perché sul megaschermo campeggiava quel grande spazzolino? E cosa centrano con gli spazzolini le bufale, le leggende, Eva che credeva a tutto ciò che vedeva, la storia della terra piatta e gli animali della fisiognomica? Soprattutto che senso ha tutto ciò in un manuale di sopravvivenza, non dico per igieniste orali, ma per dimagranti?

Ovviamente il fatto che spesso le cose non stanno proprio come sembrano e che tutto quel dentifricio è assolutamente un’esagerazione! Ne basta tanto così (immagine, please): la quantità di un pisello! Tutto il di più, ed è un gran di più, almeno due terzi, è uno spreco che si concretizza in un sacco di soldi in meno nelle nostre tasche e un sacco di soldi in più nelle tasche di chi produce dentifrici, che mostra quella quantità spropositata, comprensibilmente, per aumentare i volumi di vendita. Ma noi non ci facciamo caso e diamo per assunto che la quantità di dentifricio non possa essere che quella mostrata dalle pubblicità, tutte le pubblicità, indipendentemente dal tipo di dentifricio: sbiancante, antitartaro, anticarie, antietà, del capitano, del colonnello, con mela, senza mela, a strisce o a tinta unita. In definitiva ciò che passa principalmente dai messaggi pubblicitari è: “non importa quale dentifricio scegliate, ma usatene tanto”… tutto ciò senza che noi ce ne si accorga.

Come in altre occasioni cercherò di essere ancor più chiaro: attraverso la pubblicità, palese ma soprattutto occulta, un’infinità dei nostri riferimenti stanno cambiando in ordine all’incremento delle vendite, con noncuranza circa ciò che questo comporti ai (terribile il termine che userò qui di seguito, ma questo siamo diventati) consumatori.

Il fatto è che siamo talmente assuefatti al bombardamento mediatico che non riusciamo più ad avere una critica attiva, così che pian pianino gli standard che un tempo erano considerati impensabili adesso ci appaiono assolutamente normali. In altri termini si è progressivamente imposta un’altra “normalità” ben diversa da quella più consona ai nostri bisogni. Una normalità fatta di accessibilità illimitata al cibo, di alimenti sempre più multicomposti e pertanto ipercalorici e, non da ultimo, del desiderio che ha preso il posto della necessità come fattore inducente l’assunzione di cibo… tutto ciò senza che noi ce ne rendessimo conto.

Facciamo un po’ d’esempi e quattro conti, giusto per capirci meglio: un tempo non contemplate, sono diventate comunissime le proposte “menù”, quelle per intenderci con il panino, la bibita e le patatine. Morire che qualcuno si faccia lo scrupolo di dire: “no grazie, solo panino e bibita, tenga pure le patatine, che normalmente finisco per buttarle via”. Tutti si fa quattro conti, si vede che in fondo si tratta solo di spendere poche decine di centesimi in più, e si opta per la soluzione più costosa (non importa se di poco), più calorica (per niente di poco) e meno salutare (trattandosi di patatine prefritte prima d’essere imbustate e rifritte al momento in cui vengono servite). Ma d’altronde come si fa a fare diversamente se così fan tutti?

I vari movimenti atletici in padella sono diventati la norma per chi ritiene che fare un piatto di pasta con la salsa sia troppo complicato e richieda troppo tempo. Peccato che, a fronte di una spesa decuplicata, si assuma un botto di calorie in più. Ma tant’è, mangiare piatti precucinati è diventata la norma.

Un tempo le bevande zuccherate frizzanti (giusto per non fare nomi) si potevano incontrare giusto alle feste di compleanno (già di per sé rare) dei bambini figli di genitori comunemente ritenuti poco attenti alla salute dei propri figli (anch’essi rari). Poi sono diventati progressivamente sempre meno rari sia i primi che i secondi, tanto che oggi le stesse bibite rappresentano la norma e l’acqua giusto la gomma di scorta in caso di scorte terminate.

La piccola Eva, al pari dei nostri bambini e dei nostri adolescenti, guarda e interiorizza tutto ciò come normale, ovvero come ciò che è e non ha senso che sia diversamente.

Ciò che è normale non è automaticamente ciò che è giusto, ma solo ciò che fa riferimento alla maggioranza; il fatto che una certa cosa sia fatta da tutti non significa che sia la cosa migliore, ma solo che, per un’infinità di motivi, tutti hanno ritenuto opportuno farla. Poi bisogna anche vedere chi sono i “tutti”: tutte le persone del mondo? Impossibile! Tutti gli abitanti di una nazione? Ancora troppe! Tutte le persone appartenenti ad un determinato contesto culturale? Ok, mi sta già meglio, ma anche qui sono prevedibili eccezioni…

Mangiare come si mangia adesso sarà anche pratica comune, ma visto il livello di guardia a cui ha condotto l’umanità, non vi viene il dubbio che non sia poi così corretto? Sarà stato anche normale un tempo cacciare rinoceronti per le supposte proprietà afrodisiache del loro corno, ma dubito che un atteggiamento normale del genere possa anche essere considerato corretto. Analogamente l’abitudine di fare spesa di schiavi, braccianti, sguatteri, oggetti di piacere in Africa sarà stata normale in certe epoche, ma da qui a giudicarla corretta…

Oggi giorno la qualità e la quantità di cibo è tale e tanta da indurci a credere che sia normale disporne a nostro piacimento e senza limite, dato che così fan tutti.

Ecco pertanto un altro tassellino da aggiungere ai precedenti, per rendersi conto della necessità di un manuale di sopravvivenza non solo per perdere peso, quanto per non riprendere i chili persi:

tutti i fattori che favoriscono il sovrappeso permangono anche una volta che il peso è diminuito;

l’aspetto emotivo dell’essere in sovrappeso condiziona il nostro percorso rendendolo meno pragmatico del dovuto;

le abitudini che hanno governato la nostra vita portandoci ad un certo livello di sovrappeso restano spesso presenti e favoriscono il ritorno a quel livello;

tutto attorno a noi resta immutato perché considerato da tutti normale e pertanto accettabile.

Noto che dalla platea una mano si alza. È il nostro amico commercialista: sì concordo è una bella fregatura…

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