“Che non si muore per amore è una gran bella verità …”
“Io vivrò” (Lucio Battisti)
Ovvero che ci sono tante gran belle verità ed una di queste è che fare certe cose non costa alcuna fatica, ma aiutano a non farne.
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Che non si svezzino i bimbi aprendo i frigoriferi è una gran bella verità. Analoga gran bella verità è che non si possa sperare di perdere peso aprendo lo stesso elettrodomestico e confidando che la buona sorte ci faccia trovare il giusto necessario per il pasto imminente. Del resto, parafrasando il poeta: “chi visse sperando morì… robustino”.
Sfuggirà ai più (ma sicuramente non a voi, che avete già dimostrato di possedere una mente superiore partecipando a questo evento “live”, piuttosto che in differita comodamente seduti su qualche sdraio, amaca o poltrona) il nesso esistente tra una buona logistica ed un altrettanto buona performance in ambito dietologico. Tuttavia come si può pensare che tutto possa filare liscio solo per il fatto che si è deciso di non farsi più fregare da tutta quella marea di cose fantastiche e meravigliose che ci hanno sempre procurato delizia e diletto (per tacere dei diversi chili di scorte adipose ora poco apprezzate)?
Da fieri sostenitori delle cose che non costano fatica, ma che aiutano a non farla, osserviamo con diffidenza il “Volli, sempre volli, vittorioalfierissimamente volli”, che con la dieta non solo non funzionerebbe, ma rischierebbe addirittura di essere deleterio. L’Alfieri, buon per lui, oltre ad uno spirito libero ed intraprendente si dice avesse una volontà di ferro: la leggenda, che potrebbe corrispondere alla realtà come anche no (ed io francamente spererei proprio di no) racconta che si facesse legare alla scrivania dalla servitù per essere costretto a scrivere. Ma se l’Alfieri che doveva scrivere si faceva legare al cadreghino, noi che dobbiamo dimagrire cosa facciamo? Mica possiamo farci legare nel box doccia! A parte la collocazione di un povero dimagrante, la forza di volontà va bene quando si deve raggiungere un obbiettivo definito, che una volta raggiunto permette di tirare un bel respirone e tirare i remi in barca per un po’. Per intenderci va bene per consegnare un lavoro entro una certa data; spuntare un contratto impegnativo e articolato; dare un esame lungo e complesso. Per tutti i casi in cui c’è un traguardo da tagliare e dopo la possibilità di prendersi una bella pausa, la forza di volontà può andare anche bene, ma nel nostro caso no: per noi, al termine della dieta… c’è esattamente la stessa cosa (solo che la chiamiamo mantenimento). Pertanto piuttosto che procedere a colpi di forza di volontà, con il rischio serissimo di finire per sfiancarci sotto tutti gli aspetti, converrà fare in modo di fare meno fatica che si può giocando il più possibile d’anticipo, iniziando col ragionare su tutti i passaggi che portano il cibo dalla sede d’acquisto al nostro stomaco.
La catena del mangiare è una catena molto più lunga e articolata di quanto si immagini, sicuramente più della mano che si allunga verso il ripiano dove si trovano i biscotti o il formaggio, a seconda delle proprie preferenze.
Contrariamente alle apparenze, la spesa non è il primo anello della catena del mangiare: il primissimo è il desiderio che guida la mano di cui prima verso un cibo piuttosto che un altro tra gli scaffali del supermercato. Complice tutto l’establishment che ha generato nel nostro cervello veri e propri cortocircuiti in grado di attivarsi alla vista di certi cibi, il desiderio nasce appena si varca la soglia del supermercato e subito inizia a prendere il comando della situazione. Tanto più siamo a stomaco vuoto, tanto più l’impulso a compiere acquisti indebiti influenzerà le nostre mosse, salvo accorgersi troppo tardi d’avere avuto per l’ennesima volta, gli occhi più grandi della bocca, alla quale non resterà altro che adeguarsi alle dimensioni degli occhi. La realtà è che siamo di fatto dei drogati che non sanno d’esserlo, e che abbiamo un vero e proprio cavallo di Troia nel nostro cervello, cavallo apprezzato dalle aziende alimentari in quanto fonte di grande interesse quanto di enorme guadagno: il risveglio del nostro desiderio vale quanto la realizzazione di un buon prodotto. Sapere queste cose potrebbe significare l’erezione della prima barriera a nostra difesa.
Se il primo anello della catena è il desiderio, il secondo non può che essere la spesa, per la quale vale il principio che, così come non si riesce a mangiare senza farla, analogamente non si riesce a farla senza finire col mangiare tutto quello che si è portato a casa. Far la spesa senza prestarvi particolare attenzione significa portare a casa il principale alleato delle nostre maniglie dell’amore, oltre che il più temibile dei nemici, che così com’è riuscito a intrufolarsi nel carrello al supermercato riuscirà altrettanto bene ad infilarsi nel nostro stomaco, magari non senza averci fatto penare sette camicie per tenerlo a distanza. Invano.
Va da sé, pertanto, che contro avversari così temibili vi sia una sola ed unica chance: giocare d’anticipo e prepararsi ad affrontare la spesa con criterio e qualche asso nella manica.
In virtù del fatto che mediamente i carrelli non si riempiono autonomamente, né “il di più” che ci portiamo a casa ci segue alla cassa come un cucciolo smarrito, fare acquisti mirati per limitare i danni causati dall’onnipresenza di cibo è un’opportunità che realmente ci appartiene.
In primo luogo è importante che oltre alla lista della spesa improntata agli alimenti previsti dalla dieta, vi sia di fondo una discreta onestà nel chiarire quali acquisti vengano effettuati realmente per il resto della famiglia, piuttosto che subdolamente per noi. Detto ciò i consigli pratici per non farsi inutilmente del male sono:
• fare la spesa con una lista, evitando di girare tutto il supermercato corsia per corsia e finendo inevitabilmente (guidati dall’inconscio?) per imbattersi in cibi troppo tentatori;
• evitare di fare la spesa a digiuno perché, a pancia vuota, le voglie sono irresistibili;
• lasciare possibilmente a casa quanti determinerebbero acquisti “pericolosi”;
• nel limite del possibile e mantenendo la necessaria convenienza, ricorrere a negozi o magazzini che non inducano tentazioni;
• evitare le grandi scorte, con conseguenti accumuli di provviste che qualcuno dovrà pur ultimare.
Terzo anello della catena sono le scorte.
Se per vari motivi non si riuscisse a rinunciare alle grandi scorte e neppure ad arginare gli acquisti inopportuni si può, anzi si deve, cercare di gestire le riserve con un po’ di criterio e di logica, evitando di tirarsi ulteriormente la zappa sui piedi.
Nel nostro caso specifico adottare qualche misura per gestire con raziocinio le scorte ci aiuterebbe nel nostro proposito di resistere alle tentazioni o quanto meno a fare minor fatica di fronte ai richiami tentatori.
In particolare, per salvarsi in corner, visto che non siamo riusciti a prevenire la situazione di pericolo generata da una cattiva gestione della spesa, conviene:
• tenere tutti i cibi tentatori lontano dagli occhi;
• conservarli in contenitori anonimi e non trasparenti;
• collocarli assolutamente fuori portata e in posti poco accessibili;
• riporli in secondo piano rispetto a quelli meno calorici;
• disporre ovunque sostitutivi ipocalorici in buona evidenza e a portata di mano.
• Giusto per fare un esempio si può tenere una bottiglia di the senza zucchero in bella evidenza in cucina: quanto di meno calorico e più immediato per dissetarsi senza ricorrere ad altro più calorico.
Quarto anello: il pasto.
Indipendentemente da come si siano svolte le tappe relative alla spesa e alla gestione delle scorte, il momento del pasto rappresenta l’anello terminale della catena, quello in cui si può ancora raddrizzare una situazione in caduta libera o comunque nobilitare ulteriormente un percorso condotto virtuosamente.
Poiché uno degli indiziati numero uno come colpevole del sovrappeso è l’onnipresenza del cibo e il conseguente consumo lungo tutto l’arco della giornata, possiamo sfruttare i pasti per iniziare a mettere un po’ d’ordine. In tal senso, già la preparazione del momento del pasto può essere utile per chiarire quali sono i momenti del pasto e quali no, iniziando a favorire un’alimentazione ragionata. Certo, sarebbe stata meglio se fosse stata introdotta già nell’infanzia, quando è più facile acquisire le abitudini, tuttavia non è mai tardi! Il consiglio è pertanto di organizzare il momento del pasto in modo “cerimoniale”, sempre accompagnato dalla sua tovaglia, set di posate e bicchieri ecc ecc, in modo da separare nettamente i momenti in cui si mangia, dai momenti in cui non si mangia. L’atto del mangiare che ne segue, non deve mai essere banalizzato o annegato in altre distrazioni quali ad esempio guardare la televisione o leggere il giornale: bisogna rendersi conto che ci si sta alimentando, altrimenti dopo poco avremo ancora fame. Sempre per ben distinguere i momenti è importante non mangiare durante lo svolgimento di altre attività.
Ancora: mangiare con calma e senza fretta anziché masticare e ingerire e basta, permette di apprezzare molto meglio le sensazioni gustative: la stessa quantità di cibo mangiata con tranquillità e gusto, sazia di più che mangiata velocemente. Il trucco può essere quello di fare piccoli bocconi e non prepararne altri finché quello precedente non sia finito del tutto.
Per concludere: si può parlare di gestione dell’alimentazione senza fare una capatina fuori casa o una puntatina nel brillante mondo della vita cosiddetta (ma sarà poi vero) normale? Impossibile… di più: nefasto!
Inutile chiudere gli occhi di fronte all’evidenza: stare in campana non piace a nessuno specialmente per il fatto che, mentre noi ci dedichiamo alla nostra salute, gli altri si dedicano alla gioia di vivere (almeno quella che passa per le papille gustative). Si può passare una vita intera cercando di rinunciare a tutti gli inviti fuori casa a pranzo o a cena, che nel corso di una dieta parrebbero infittirsi a dismisura? Giammai declinare. Infatti:
• la rinuncia può essere fonte di malintesi;
• è sicuramente fonte di contrasto interiore utile a niente e a nessuno;
• accettare di uscire a pranzo o a cena non significa abbuffarsi;
• trovarsi in condizioni di questo tipo non riduce la volontà di continuare la dieta, anzi…
• una buona cena con amici di tanto in tanto riduce la pressione della dieta
• il contatto con gli altri è fonte di complimenti che rinforzano la decisione a perseverare.
Detto questo, è ovvio, è bene che non si vada proprio allo sbaraglio… ecco pertanto alcuni consigli per riuscire sempre ad essere all’altezza della situazione:
• indossare un abito ben attillato, così da sentire per tempo il senso di pienezza;
• allontanare il cesto del pane e dei grissini;
• scegliere bene il proprio posto a sedere: vicino al supporto sociale e lontano da “traviatori”.
• se occorre riempirsi un po’ prima di uscire con sostanze poco caloriche (insalata…)
• se necessario risparmiare qualche caloria nel pasto precedente e in quello successivo.
• trovare il modo per informare i vicini di tavolo di essere “felicemente a dieta” spiegando i motivi di quel “felicemente”.
Tutto questo per un semplice motivo: perché non costano alcuna fatica ed aiutano a non farne.
Si spera.
Sempre, si spera.
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