Il Manuale di sopravvivenza per dimagranti ® – Le fasi della dieta

“Quando t’innamori è tutto bello, anche come ti ossessionano i pensieri…”

 “Il mito dell’amore” (Franco Battiato)

 Ovvero che all’inizio tutto fila liscio, ma bada ben, bada ben…

Il diagramma che campeggia alle nostra spalle e che non ci abbandonerà per il prossimo quarto d’ora, a meno di eventi sfavorevoli di vario genere, è la rappresentazione grafica di come si comporta mediamente il peso nel corso di una dieta: di fatto è una linea curva quasi verticale all’inizio meno nella parte centrale e praticamente orizzontale alla fine.

Chi mastica diete da tempo ci ha già fatto il callo (anche se ogni volta si casca nell’illusione che “questa volta sia diversa”), per i neofiti, invece, si tratta di una novità con cui familiarizzare, perché è con essa che dovremo fare i conti. Con essa e con le emozioni che si porta appresso.

In principio, a meno che non facciate parte di una piccola scalognatissima minoranza di non responders, è gioia allo stato puro. Nelle prime settimane, ma diciamo anche nei primi mesi, rose e fiori si sprecano.
È la fase della luna piena: toda joia e toda beleza. Complimenti, congratulazioni, smancerie, salamelecchi, ossequi e scappellate arcobalenano la nostra giornata rendendo piacevole anche un uggioso pomeriggio novembrino.
Ma se i vari “Ti vedo cambiata, più leggera”, “Ma cos’hai fatto? No, perché mi sembri diversa”, “A me puoi dirlo, hai fatto un lifting, vero?” sono pietre preziose di una preziosa collana, come definire le sensazioni prodotte dagli abiti? Dai, volete mettere il piacere di indossare i jeans che erano scomparsi freudianamente dalla vostra vista una decina di anni prima ed, altrettanto freudianamente, sono ricomparsi come per magia dopo qualche mese di dieta? Come dire: avere buttato via, con i chili, anche una decina d’anni di invecchiamento.

O ancora la soddisfazione di infilarsi una gonna che fino a pochi mesi prima non riuscivate a chiudere, neanche trattenendo il fiato fino a diventare blu, e scoprire che non solo ci entrate senza fatica, ma ci ballate addirittura dentro! Intendo dire proprio fisicamente: con la gonna alle caviglie perché su non ci sta nemmeno con le mollette.

O ancora entrare in un negozio, chiedere una determinata taglia e… “Mannòooo che cosa diceee? Una quarantottoooo? Noooo: al massimo avrà una quarantaquattroooo” o ancora “Se mi posso permettere, non sarebbe più adeguato un vestitino tipo questo, più leggero, più attuale, piuttosto che quello che sta guardando: è un coprifrigorifero da ottuagenari.”

Gioia.
Gaudio.
Tripudio.

E se non fossero i congiunti, piuttosto che i vicini, o i colleghi di lavoro, o ancora tutti i capi d’abbigliamento che sono diventati troppo larghi, o che sono ritornati indossabili, o che possono finalmente essere acquistati senza paura di sembrare un salmone ipertrofico racchiuso nell’abitino della barbie, c’è sempre la vecchia cara bilancia a darci un’idea di come stiano andando le cose: a gonfie vele! Anzi, ancora meglio: a gonfie vele e a ventre sgonfio, perché oltre all’evidenza numerica anche la sensazione di sgonfiamento provvede a infervorarci, perché sarà importante l’oggettività della bilancia, ma anche la sensazione di essere meno “umpf” non è affatto da buttare.

Ma l’eclisse è in agguato!

Sì perché, corroborati da tutta questa serie di eclatanti evidenze che ci ripagano degli sforzi compiuti, inizia subdolamente a formarsi un pensiero per il momento ancora impercettibile e che pertanto ha tutto il tempo per crescere fino a diventare un macigno al quale presto ci toccherà rendere conto. Adesso no, però, perché siamo ancora nella fase della luna piena, e siamo talmente soddisfatti da perdere di vista la realtà, ovvero che, tutto ciò che sta succedendo, succede perché finalmente si è deciso di mangiare nel modo più adeguato alle nostre necessità piuttosto che secondo le esigenze della produzione (di cibo).

Ma le soddisfazioni che fin’ora hanno accompagnato la nostra marcia trionfale (più o meno, a seconda dei casi) non possono mica durare in eterno perché il peso che, inizialmente, scendeva a passo di java, adesso scende a passo di valzer lento e ci riporta alla dura realtà, con qualche o molti chili in meno ma sostanzialmente in una condizione di calo molto meno evidente.

Ovviamente una domanda sorge spontanea, almeno tanto quanto la risposta: “é normale tutto ciò?” “assolutamente sì” e visto che ci troviamo in un’assemblea per cui troppo fumo farebbe partire il sistema anti incendio cercherò di spiegare tutto in modo molto semplice.

Quesito facile facile: un camion parte da Alba diretto a Milano; trasporta un carico di barattoli di crema di cioccolato e nocciole più un “golosastro” (noto primate antropomorfo che ne é ghiotto); strada facendo il “golosastro” si pappa tutta la nutella e non sazio pure i vasetti e per non farsi mancare nulla, prima di svignarsela, pure il rimorchio, così che del camion resti solo la motrice. Domanda: il camion consumerà più all’inizio (a pieno carico di benzina, di nutella e “golosastro”) o alla fine del viaggio (a serbatoio vuoto ma soprattutto senza il rimorchio con tutto il suo carico?

Se vi riuscisse difficile ragionare in termini di nutella, potreste far partire un carico di pistacchi da Bronte, di prosciutti da Parma, di pomodorini da Pachino eccetera eccetera e la risposta sarebbe sempre la stessa: più il peso diminuisce minore diventa il consumo. Bene, a noi succede la stessa identica cosa solo che, anziché averne l’evidenza sul display del computer di bordo, ce ne accorgiamo perché facciamo meno fatica a fare le stesse cose: quella minor fatica è la diretta espressione di un minor consumo energetico.

I numeri possono venirci in soccorso. Ed anche il megaschermo.

La signora ripresa in fotografia alle nostre spalle, che per motivi di privacy chiameremo col nome fittizio di “Mario Rossi”, pesa cento chili e si prevede che debba raggiungerne cinquanta. Sono numeri finti, ma soprattutto sono belli tondi.

Supponiamo di preparare una dieta che tenga conto del punto d’arrivo: cinquanta chili, mille kcal.

Supponiamo che pesando cento chili, inizialmente consumi duemila calorie. Ne deriva che assumendo mille calorie, ma consumandone duemila, prelevi mille calorie dal deposito di grasso.

Un po’ di grasso prelevato oggi e un po’ di grasso prelevato domani, ecco che, dopo qualche tempo, la signora “Mario Rossi” peserà novanta chili. A questo punto non consumerà più duemila chilocalorie, ma milleottocento e assumendone sempre mille ne preleverà dal grasso ottocento (non più mille).

Un po’ di grasso prelevato oggi e un po’ di grasso prelevato domani, ma ogni giorno meno rispetto a prima, la signora “Mario Rossi” arriverà ad ottanta chili. A questo punto non consumerà più duemila chilocalorie, ma neppure milleottocento, bensì milleseicento e assumendone sempre mille ne preleverà dal grasso seicento.

La signora “Mario Rossi” adesso peserà settanta chili, consumando millequattrocento chilocalorie e, assumendone sempre mille, ne preleverà dal grasso quattrocento.

Analogo discorso per i sessanta chili: si consumano milleduecento chilocalorie, se ne assumono mille e se ne prelevano dal grasso duecento.

Alla fine si arriva al pareggio, pesando cinquanta chili, consumando mille chilocalorie e assumendone altrettante.

Tutto chiaro? Più si dimagrisce, meno si consuma, la differenza tra le calorie assunte e le calorie consumate si riduce, la quantità di calorie che si prelevano dal grasso diventa minore e si dimagrisce più lentamente.

È ovvio che stando così le cose, la luna piena non possa durare in eterno ed in effetti la fase della presa di coscienza è alla porta: si perdono meno chili e le soddisfazioni iniziano a stemperarsi e diradarsi fino a lasciarci progressivamente a bocca asciutta. Anche perché non è che la gente, tra una scimmia e l’altra da far ballare e una bambola e l’altra da pettinare, non abbia niente di meglio da fare che farci i complimenti e per quel che riguarda i vestiti, una volta che si è visto che ci vanno bene i jeans di dieci anni prima e si è rinnovato il guardaroba non è che ci sia molto altro da fare.

È un momento delicato, perché i bagni di realtà mediamente sono a bassa temperatura e possono risultare molto fastidiosi.

Il punto è che abituati a fare sacrifici e a vedere buoni risultati, si possono creare meccanismi mentali estremamente pericolosi riassumibili come segue:

all’inizio si parte correttamente orientati e ci si limita a ritenere di fare la dieta per perdere peso;
quando il peso inizia a scendere bene e ci si abitua alla discesa, ecco che l’entusiasmo diventa un propellente ancor più decisivo che non la motivazione iniziale e il pensiero originale si trasforma in “faccio la dieta perché perdo peso”;
in presenza di un peso che scende con il contagocce o addirittura non scende più il pensiero cambia ancora e diventa: “se il peso non scende più, che senso ha continuare a fare la dieta?”.

Così ecco che la luna piena rischia di essere offuscata dall’eclisse, che è sostanzialmente l’anticamera e poi il definitivo abbandono con il relativo recupero dei chili persi, tutti e senza sconti.

Quando si perde peso è fondamentale ricordarsi di non basare mai la propria convinzione sui successi, perché i veri risultati non si quantificano, ma si apprezzano nel tempo, in termini di salute, agilità e benessere, fisico e psichico: stare meglio con sé stessi e aggiungere giorni alla vita e vita ai giorni.

Amen.

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