Il Manuale di sopravvivenza per dimagranti ® – La trilogia dell’obbiettivo – Lo zen e l’arte di raggiungere il peso ideale

“Strada facendo scoprirai…”

“Strada facendo” (Claudio Baglioni)

 Ovvero che si può anche capire strada facendo dove andare a parare.

✩✩✩✩✩

Cosa passa per la testa di un aspirante dimagrante quando varca la soglia dello studio del suo futuro aguzzino, intendo oltre all’impulso di fare immantinente dietro front? Sicuramente (tra le altre cose) sapere fin dove può osare spingersi in termini di aspettative. E, paradossalmente, saranno queste aspettative a fungere da motore per i primi tempi: l’idea di potere agognare ad un determinato peso mette in secondo piano qualsiasi altro aspetto relativo alla dieta. Non importa la modalità utilizzata dal dietologo e tanto meno hanno valore tutti i discorsi relativi a benessere e prevenzione: è un numero quello che conta, ovvero la promessa di un futuro prossimo in cui finalmente il nostro peso sarà… quel “numero lì” di chili. Perché quando il dietologo pronuncia il fatidico peso ideale è fatta: si accendono tutte le lucine dell’immaginazione e già ci si vede incarnare il mito della bellezza al punto da non riuscire più a distinguere tra peso ideale inteso come il peso che sarebbe bene che avessimo e l’obbiettivo che potremmo porci.

Le due cose sono profondamente diverse e potrebbero coincidere ma anche no: un conto per esempio è essere giovani e avere solo pochi chili da perdere, un conto è avere l’età dei datteri in presenza di un delta ponderale di svariate decine di chili.

Ma non c’è problema: non si butta mai via niente! Quando si deve partire tutto fa buon brodo e se ci scappa fuori un numero esaltante, che accende la nostra fantasia e aumenta le nostre endorfine non vedo perché non sfruttare la situazione. A dire il vero qualche “perché non sfruttare” lo vedrei anche, ma a che scopo gettare acqua sul fuoco del fervore e non sfruttarne a pieno la forza propellente? Almeno finché dura, ovviamente, perché presto o tardi emergerà che sì, ok, all’inizio avremo anche detto tot chili, però adesso che ci troviamo impantanati ad una certa distanza da quel peso, il dubbio che li si possa raggiungere inizia ad assumere una concretezza inequivocabile.

Urge ricalibrarci e per poterlo fare vi chiedo di rimettere piede nel luogo più intimo della vostra mente dove avete fatto conoscenza con il vostro Spirito Guida: facciamo spazio per terra e togliamo tutto quello che ci impedisce di assumere una comoda posizione adatta alla meditazione. Va bene la solita posizione yoga che conosciamo e pratichiamo tutti, convinti, più o meno dall’età di quattro anni, che basti incrociare le gambe e unire indice e pollice perché la nostra mente sia in grado di espandersi fino a raggiungere l’ultimo cosmo e la pienezza del dragone. Se può essere utile indossiamo pure qualcosa di comodo, abbassiamo le luci e mettiamo sul giradischi qualcosina di new age: siamo finalmente pronti per rientrare in contatto con il nostro Spirito Guida.

No, dai, stavo scherzando: nessun Spirito Guida. No, davvero: lasciate Elvis e Marylin dove stanno. Anche orsi e aquile, grazie. Anche… nooooooo: Godzilla! Non posso credere che qualcuno abbia scelto come Spirito Guida una lucertola di 10 piani! E comunque il discorso vale anche per lui: lasciatelo al suo posto. Questa premessina ci serviva unicamente per predisporci ad entrare in possesso di un nuovo concetto, ovvero il peso zen!

Pertanto dopo “Lo zen e il tiro con l’arco”, “Lo zen e l’arte di aggiustare la motocicletta”, “Lo zen e la cerimonia del tè” più innumerevoli altri “Lo zen eccetera eccetera”, ecco un assaggio (se mai dovessi scriverlo e non vedo perché no) de “Lo zen e l’arte di raggiungere il peso ideale”.

Principiamo col dire che all’esistenza del “peso zen” non ci si arriva così per così, ma, frutto di un lungo cammino, se ne inizia a scorger l’essenza dopo aver passato per il crogiuolo della realtà tanti altri “peso qualcosa”, rivelatisi alla prova ingannevoli e fallaci. In parole povere si arriva ad un concetto apparentemente balzano come quello del “peso zen” dopo anni e anni in cui si è osservato l’illusorietà di tanti prestigiosi “pesi qualcos’altro”.

In origine, ma te guarda, c’è il peso ideale, che non è semplicemente un numero bensì l’archetipo della bellezza, la personificazione dei canoni estetici ideali, la panacea per tutti i nostri problemi, ma soprattutto la declinazione in sistema metrico decimale di come dovremmo o potremmo essere tra breve: bellissime/i: una volta raggiunto il peso ideale nulla si frapporrà più tra noi e il successo in qualsivoglia campo.

Non ci si pone il dubbio che il peso ideale possa essere raggiungibile o meno: in quanto pronunciato dalle sacre labbra del dietologo (surrogato virtualmente  da qualsiasi sito internet attinente all’argomento e pertanto anch’esso sacro e degno di massima fiducia) esso prende forma e soprattutto raggiungibilità per il semplice fatto d’essere stato nominato: “Il dottore ha detto che il mio peso ideale è 53 chili e mezzo, quindi devo perderne 35,7!” “cinquantatrechiliemmezooo? Trentacinquevirgolasetteee? Ma è impossibile!” “Taci, miscredente: l’ha detto il dietologo!”

Ora, si deve sapere che se la mamma dei poco furbi è sempre incinta, il tarlo del dubbio circa la sacralità e l’infallibilità del dietologo è un gran bel bischero e inizia a mordicchiarci l’anima ai primi colpi sparati a vuoto, ovvero appena il passo di carica iniziale inizia a trasformarsi in una dignitosa quanto allegra marcetta. Senza la necessità di sperimentare le fasi successive in cui l’allegra marcetta diverrà prima una passeggiatina strascicata e poi un penoso arrancare  nella palude della desolazione, è già da quei primi rallentamenti che iniziamo ad avere dubbi circa la raggiungibilità del peso ideale e cominciamo ad arretrare le pretese e le aspettative verso un peso più abbordabile.

Il punto è: come lo chiameremo questo peso? Vi assicuro che non è facile trovare il termine giusto perché bisogna scovare una locuzione che riesca ad esprimere questo nuovo concetto così come il termine “ideale” qualifica perfettamente sé stesso.

Che ne dite di peso ottimale? Peso ottimale mi garba: esprime un concetto meno impegnativo di peso ideale, ma soprattutto meno integralista e inderogabile. A mio avviso “ideale” dovrebbe esistere solo accompagnato da verbi coniugati al condizionale, mentre “ottimale” può stare bene con tutto. Considerando poi che “Ottimale” è ben diverso da “ottimo” potemmo chiosare che l’ottimo sarebbe raggiungere il peso ideale, tuttavia il peso ottimale è complessivamente la scelta migliore.

A seguire nella classifica delle preferenze c’è “peso ragionevole”. Anche “peso ragionevole” mi garba e si differenzia dal peso ottimale per il solo fatto di dare ad intendere una maggiore disponibilità ad assecondare le difficoltà rispetto al desiderio di raggiungere il peso ottimale. Non che si tratti di differenze più che semantiche, però visto che le parole hanno il loro bel peso, diciamo che mentre il peso ottimale è quello che raggiungiamo con qualche sacrificio, il peso ragionevole è quello in cui sacrifichiamo qualche chilo ad uno stile di vita meno austero ed essenziale.

Ultimo in classifica il peso sociale, che rispetto ai precedenti tiene conto di tutto e solo in ultima analisi dell’opportunità di pesare meno.

Ma il top dei top dei “pesi qualcosa” è il “peso zen”, che accoglie gli insegnamenti del Kyudo, la via dell’arco secondo la filosofia zen, per il quale un buon tiratore è colui che mentalmente raggiunge il centro del bersaglio prima della sua freccia. Secondo i principi del peso zen, invece, il bersaglio è semplicemente dove cade la freccia, ovunque essa si pianti nel terreno… e anche se non si pianti!

Perché ciò che caratterizza il peso zen è che codesto peso diventa numero solo quando viene raggiunto, perché rappresenta né più né meno il valore a cui si stabilizza il peso seguendo un’alimentazione corretta.

Nel peso zen, pertanto, prima viene la correttezza alimentare e poi il peso ideale, piuttosto che ottimale, ragionevole e sociale, non il contrario.

In altre parole l’obbiettivo non è un peso da raggiungere ma un’alimentazione da correggere e lo scopo non è pesare di meno ma aggiungere giorni alle nostre vite e possibilmente vita ai nostri giorni.

È solo nel momento i cui, a fronte di una alimentazione corretta ed un adeguato stile di vita, il peso non dovesse più subire variazioni che potremo parlare di obbiettivo, perché avremo finalmente conosciuto il nostro peso ottimale. Pensavamo di poterlo conoscere all’inizio del percorso ed invece, paradossalmente, lo scopriamo alla fine. Poco male, perché la vita è lunga e avremo molti anni davanti per cercare di mantenerlo.

✩✩✩✩✩

Torna al sommario      –      Va al prossimo capitolo (L’interessante caso del signor Dobermann)