“Boum! Quand notre coeur fait Boum!
Tout avec lui dit Boum! Et c’est l’amour Qui s’éveille.”
“Boum” (Charles Trenet)
Ovvero che quando il nostro cuore fa boum, tutto con lui fa boum, ed è l’amore che si sveglia… anche a tavola.
✩✩✩✩✩
Inizialmente pensavo di introdurre quanto segue nel capitolo del gourmet, ma poi ho pensato che avrebbe avuto più risalto in un capitolo “stand alone”, magari con un filo di enfatizzazione. Pertanto eccoci qua a dedicare qualche minuto ad paio di filmati, un po’ per rilassarci e un po’ per sottolineare che anche la dieta può, anzi deve, essere un bel posto dove mangiare. Se avete visto il film “Un ottima annata” sarete sicuramente favoriti, ma se non l’aveste visto confido nella vostra fantasia o, eventualmente, nella vostra capacità di reperire il film prima di procedere. In ogni caso… giù le luci.
Lui si chiama Max Skinner ed é uno squalo della City londinese. Anzi, é LO squalo, il grande squalo bianco di fronte al quale gli altri squali sono al massimo delle acciughette.
Lo zio Henry lo chiamava Max-a-million, presagendo per lui un futuro milionario. Ha cannato: avrebbe dovuto chiamarlo Max-a-milliard. Del resto Max Skinner non si limita a giocare in borsa: in borsa fa terribilmente sul serio.
Max Skinner non dorme, si rigenera.
Max Skinner non pensa, attiva simultaneamente tutti i neuroni, compresi quelli dislocati presso il rene destro, tanto di reni uno basta e avanza.
Max Skinner non mangia, si nutre: al mattino ingurgita uova e bacon, formaggio leerdammer, qualche fetta di pane bianco tostato, una spremuta di quattro arance e il primo caffè della giornata. Il tutto senza staccare lo guardo dal “Financial Time” e inviando una decina tra mails ed sms. Per riuscirci Max Skinner ha imparato ad usare due mani come fossero tre. Ma solo in un primo momento, adesso le usa come se fossero sei. Al momento il suo modello è la dea Kalì. A breve sarà lui ad essere il modello per lei, perché Max Skinner lavora tanto, davvero tanto. E si riposa poco, davvero poco: così poco che le sue occhiaie non sono borse, sono valigie. Louis Vuitton, ovviamente.
A pranzo trangugia quel che c’è, mentre pianifica acquisizioni e cessioni di titoli e aziende senza farci gran che caso… a quel che mangia, s’intende. Alla fine del pranzo il terzo caffè del giorno, poi via di slancio dopo il pit stop, eseguito con destrezza e senza fronzoli. Dimentica in tempo reale quello che mangia, anzi in tempo reale dimentica che sta mangiando. Max Skinner si ricorda che ha mangiato solo perché ha in tasca lo scontrino del ristorante. Poi butta lo scontrino e con lui il ricordo del pasto, incombenza quotidiana utile unicamente a ricaricare le batterie, non importa se troppo o male.
A sera idem con patate, nel senso che trovando le patatine fritte indigeste a pranzo, le lascia per cena. In porzione doppia, chiaramente, per recuperare quelle non mangiate a pranzo. O forse questa volta a pranzo le ha mangiate? Vai a ricordarli certi insulsi particolari…
Il vero Max Skinner, nella realtà, non é fico come Russell Crowe nel film “Un’ottima annata“. Per cominciare ultimamente si é di molto appesantito. Il suo medico gli ha pronosticato un infarto entro cinque anni, se non cambiasse stile di vita. Cambiare per cambiare, Max Skinner ha cambiato medico.
Max Skinner cambia sempre medico quando gli pronostica un infarto entro cinque anni.
Il primo pronostico avverso risale a quattro anni fa e a tutt’oggi Max Skinner ha cambiato sette medici. Quest’anno dovremmo vedere chi aveva ragione.
Max Skinner… ha francamente esaurito il nostro interesse, per cui attraversiamo la manica e dirigiamoci nell’area di Luberon, in Provenza e precisamente a Château La Canorgue dove la nostra Fanny Chenal, che non sarà affascinante come Marion Cotillard nella pellicola di Ridley Scott, ha comunque il suo bel perché.
Anche lei lavora in un bistrot e, guarda te i casi della vita, sta ascoltando alla radio proprio “Boum” di Charles Trenet che, oltre ad essere la canzone centrale del film, è degna colonna sonora di questo pranzo semplicissimo, ma appagante.
Assorta nella lettura del suo libro di poesie preferito, circondata dal profumo della lavanda, ogni tanto appoggia il libro, si gusta ad occhi chiusi per qualche secondo la sua fettina di vitello cotta ai ferri, assapora i pomodorini e la rucola che la accompagnano, e riparte con la sua lettura.
Per secondo una profumatissima insalatona con lattuga, pomodori, rapanelli, cipolle e poco olio: tanto ci pensano già i pomodori ad ammorbidirla e i rapanelli e la cipolla a profumarla.
Per finire un caffè come lo sanno fare solo in Italia, anche se siamo oltr’Alpe, ovviamente senza zucchero per non alterare l’aroma.
Sono finezze che Max Skinner non capirebbe: lui del resto il caffè lo prende con la saccarina, perché alla salute Max Skinner ci tiene, ma soprattutto perché Max Skinner è Max Skinner.
Luci!
Abbiamo visto due estremi, due modi diametralmente opposti di affrontare il pasto, con alcuni aspetti comuni ed altri assolutamente inconciliabili.
Nel primo caso la lettura distrae dal pasto con il risultato che a breve la fame inizierà a reclamare attenzione e scatterà la caccia al riempitivo; nel secondo la lettura amplifica la percezione del pasto, immersi come si è in un tripudio di stimoli piacevoli.
Sì, lo so, molti di voi staranno pensando che è facile fare i provenzali in Provenza, tra i profumi di lavanda e i colori pastello. Ci piacerebbe vedere “madmuaselfannì”, se ha ancora voglia di girare in bicicletta con i suoi deliziosi vestitini color panna e disegnini azzurri nello smog di una grande città e stritolata dal logorio della vita moderna!
Ma il punto è proprio questo: perché non creare le cose che non esistono? Realizzare un (anche micro) ambiente confortevole e piacevole, con un bel libro che amplifichi le sensazioni del pasto, un ninnolo a cui si è affezionati sulla tovaglietta, una fogliolina di basilico sulla pasta (su quella della mensa la possiamo mettere noi), insomma qualcosa che renda più gradevole la nostra dieta e magari anche la nostra vita?
Su, un po’ di coraggio e di fantasia, ma soprattutto basta pensare a quello che avremmo potuto mangiare! Piuttosto pensiamo a gustare nel migliore dei modi tutto quello che abbiamo a disposizione: provare non costa nulla.
E comunque non dimentichiamoci mai che di, fronte a quello che il dietologo ha lasciato nel piatto, i nostri nonni avrebbero fatto salti di gioia: per la quantità, per la varietà e per la sicurezza di ritrovarne altrettanto il giorno dopo.
✩✩✩✩✩
Torna al sommario – Va al capitolo successivo (Lèggere, lèggere, lèggere…)