“Il tempo cambia molte cose nella vita…”
“Segnali di vita” (Franco Battiato)
Ovvero del tempo che è davvero una risorsa…
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Fateci caso: ogni cosa che facciamo assume una connotazione differente in base al fattore tempo. Ogni cosa (ok, magari non proprio ogni ma quasi) è valutata secondo il tempo che s’impiega per raggiungerla. Anche laddove potemmo fare una considerazione esclusivamente oggettiva, riusciamo ad aggiungervi la componente temporale, come se senza non potessimo valutarla nel modo più completo.
E tutto ciò è un peccato perché la fretta finisce per inquinare ogni cosa, perché se un tempo bastava che una cosa succedesse, adesso deve succedere il più presto possibile e possibilmente anche prima.
Facciamo un esempio, tutto sommato anche simpatico, di come potevano andare un tempo le cose:
lei, ragazza di buona famiglia, aveva imparato a scrivere, per cui penna e calamaio alla mano, scriveva con la sua bella grafia una lettera d’amore al suo innamorato. Una volta terminata piegava con cura il foglio e lo inseriva in una busta non senza averla prima cosparsa del suo profumo. Sigillato bene il tutto la portava all’ufficio postale, da dove la missiva partiva all’indirizzo del destinatario. In base alla distanza poteva metterci anche non meno di qualche settimana, visto che a quei tempi non esistevano mezzi di trasporto veloci come quelli attuali. Il postino poi si recava a piedi a casa del giovanotto che, al contrario della sua amata, supponiamo non essere proprio al culmine dell’alfabetizzazione. Si doveva così recare a sua volta da qualcuno che sapesse leggere e scrivere, in modo da potere prima leggere e poi rispondere alla sua bella. Pronta la nuova lettera, ecco un nuovo bel periodo di viaggio per approdare alla lettura da parte della signorina a distanza di almeno un mesetto, da quando la stessa aveva profumato la sua. Un mese per dirsi “Ti amo” e “Massì, anch’io”.
È la migliore delle possibilità? Un mese per scambiarsi un paio di lettere? Sicuramente no, però quello che per noi è importante sottolineare è che nel frattempo per i due giovani la vita continuava, soprattutto in considerazione del fatto che dati i tempi necessari per le varie operazioni, c’era poco altro da fare. E, in fondo, il punto del discorso sta proprio qua: un tempo l’essere umano erano ben disposto ad accettare che ci fossero tempistiche totalmente al di sopra delle sue urgenze e pertanto completamente al di fuori del suo controllo. Era la natura ad insegnarglielo: c’era un tempo per arare ed un tempo per seminare, uno per attendere ed uno per mietere, uno per raccogliere ed uno per ammassare. Non poteva fare altro che attendere il momento propizio e, nel frattempo, occuparsi che tutto fosse fatto nel modo migliore. Era la norma, ciò a cui era stato abituato fin da piccolo e poi aveva osservato direttamente una volta diventato grande: “cadeva la pioggia, segnavano i soli il ritmo dell’uomo e delle stagioni” [Il vecchio e il bambino, Francesco Guccini n.d.r.].
I nostri genitori, che l’hanno vissuto di persona, hanno provato ad insegnarcelo fin che hanno potuto e con tutti gli strumenti in loro possesso. Ricordate il buon vecchio salvadanaio, quel porcellino di terracotta che probabilmente molti di noi hanno avuto almeno per un po’ di tempo sul comodino? Chi ha avuto la fortuna di mettere ogni giorno una monetina in quella magica feritoia avrà sicuramente accarezzato a ogni deposito l’aspettativa di una ricchezza che presto o tardi si sarebbe materializzata per consentirgli di acquistare qualche oggetto fantastico e meraviglioso che avrebbe cambiato per sempre la sua esistenza: una busta di soldatini, una bambola di plastica (ovviamente modello base, ma non importa), un libro con tante illustrazioni, un sacchettino di biglie di vetro… Quell’attesa fiduciosa (tempo al tempo e quelle “grame, misere, semplici” lire si sarebbero trasformate in un qualcosa di strepitoso per cui valesse veramente la pena attendere) non era solo un modo per insegnare il risparmio, ma anche un sistema per educare ad avere pazienza e sapere attendere.
Anche l’album delle figurine, che pazientemente si collezionavano e si scambiavano con gli amici portava lo stesso insegnamento. Certo, come Umberto Eco ci insegna nel suo “Pendolo di Foucault”, le case editrici di figurine non avevano la minima intenzione educativa, dovendo badare principalmente al proprio bilancio, però inequivocabilmente quel “poco alla volta” aveva il pregio di avviarci alla pazienza e all’attesa.
E tutti quei proverbi che adesso non si usano più, ma che erano chiari inviti alla calma non li vogliamo menzionare?
La calma è la virtù dei forti.
Chi va piano va sano e va lontano.
La goccia scava il sasso (col tempo, ovviamente).
Per non citare poi la favola della lepre e della tartaruga, in cui quest’ultima, tanto lenta, ma altrettanto saggia, riesce nell’impresa di battere la più dotata lepre, quotata dagli allibratori addirittura cento a uno!
Oggigiorno chi insegna più ai bambini questi importanti precetti? Ben pochi, segno che calma e pazienza non rappresentano più, neppure per noi grandi, aspetti educativi per cui vale la pena perdere qualche minuto.
C’è anche un altro aspetto da considerare: attualmente, quando i genitori non possono occuparsi dei figli, lasciano spesso quest’ultimi alle amorevoli attenzione della televisione, l’agenzia (dis)educativa più famelica in circolazione: aspettarsi che i bambini imparino ad apprezzare i tempi lunghi guardando la TV è come sperare di avere una buona scorta ematica, lasciando l’Associazione dei Volontari Italiani del Sangue in mano al conte Dracula. E ciò è ovvio, perché in fin dei conti la televisione e tutto l’establishment mediatico sopravvivono in base all’interesse che riescono a suscitare nell’acquirente, il quale non può stare tanto a pensare a come dilazionare i suoi acquisti, ma deve provvedervi subito. Chiaramente questo vale anche per noi adulti, che ci troviamo nelle stesse condizioni dei nostri figli, con i concetti di pazienza e attesa definitivamente tramontati e superati da un altro precetto dilagante: quello del “tutto e subito”, caratterizzato da un imperante ed ineluttabile senso di immediatezza e irrinunciabilità dell’oggetto del desiderio. Tanto lo si può godere fin da subito, pagandolo tranquillamente in comode rate mensili.
A proposito di rate mensili, non tutti sanno che nella Germania nazista, anche i poveri lavoratori tedeschi potevano acquistare il favoloso maggiolino della Volkswagen a rate. Un tot di rate ed ecco che potevano diventare felici proprietari di uno dei più agognati oggetti dell’epoca: una macchina di proprietà con la quale scarrozzare la famiglia lungo i viali di Berlino, piuttosto che recarsi ad un pic nic sulle rive del Reno o ancora andare a trovare i parenti a Colonia o a Dresda. C’era però un piccolo particolare: l’ordine delle due cose. Oggigiorno per prima cosa si ritira il bene e poi si perfeziona progressivamente l’acquisto. Allora prima si pagavano tutte le rate e poi si poteva diventare proprietari del bene per poterselo finalmente godere. Un’altra particolarità: la consegna del mezzo avveniva solo al compimento del pagamento e in caso di impossibilità a concludere la corresponsione del dovuto, le rate pagate non venivano restituite, lasciando quanti magari avevano perso il sostegno famigliare anche senza i fondi investiti a vuoto nell’acquisto del maggiolino.
Anche in questo caso la domanda dalla ovvia risposta è: “È questa la migliore delle possibilità?” Sicuramente e assolutamente no, però anche in questa circostanza osserviamo come la formula moderna concorra a indurre l’idea che tutto sia raggiungibile subito e con il minore degli sforzi.
In definitiva, come cantavano i Queen qualche anno fa: “voglio tutto e lo voglio subito”.
Così quando arriva il fatidico lunedì dei buoni propositi, per l’occasione quello della dieta, il primo pensiero che trafigge la mente del futuro dimagrante, proprio come “il sole che trafigge i solai (che ne sai)” [Pensieri e Parole di Lucio Battisti, n.d.r.] è “chissà quanto tempo ci metterò?”. Il discorso non cambia di una virgola per chi si rivolge ad un professionista, visto che anche in questo caso la seconda domanda che viene posta al dietologo è la medesima. Per i curiosi, la prima è “Quanti chili devo perdere?” e la terza è “Ma chi me l’ha fatto fare?”.
Ma partire in questo modo rischia di essere la peggior falsa partenza che ci possa essere, perché in realtà il problema del tempo non deve proprio esistere ed anzi il tempo deve essere piuttosto una risorsa, il nostro principale alleato, l’arma segreta più preziosa, perché è quella che non si esaurirà mai.
Sì, lo so, lo so… lo so bene lo so [Firenze (canzone triste), Ivan Graziani n.d.r. oggi si va di citazioni] non c’è principio più lontano dai pensieri di chi si approccia per la prima o per l’ennesima volta ad un percorso di dimagramento; ciò non toglie che fare un bel respirone e riconoscere che non ci corra dietro nessuno sia già di per se un valido aiuto per togliersi di dosso un bel po’ d’ansia.
Riuscire a perdere il peso in eccesso in tre, sei, nove o dodici mesi non cambia assolutamente nulla, piuttosto interiorizzare il fatto che il tempo sia una risorsa significa avere la consapevolezza che se anche l’obbiettivo prefissato non dovesse essere raggiunto al tempo ipotizzato, non c’è problema, perché tanto abbiamo tutto il tempo a disposizione per raggiungerlo all’occasione successiva.
E’ il contrario, me ne rendo conto, di tutto ciò a cui siamo abituati: “un tot in tot!” Che significa:
tot pagine di storia in tot giorni;
tot ore di lavoro in tot settimane;
tot rate da tot euro in tot mesi;
tot esami in un anno.
Insomma, quello che conta, in definitiva, è proprio un modo diverso di approcciarsi al problema, per evitare che rappresenti un problema anche la soluzione, mentre tutto dovrebbe realizzarsi nella più totale e assoluta serenità e soprattutto senza alcun patema o ansia da risultato.
Ripeto: il tempo è dalla nostra parte; non vale la pena angustiarsi per risultati che non sono all’altezza delle aspettative. Piuttosto dovremmo avere un atteggiamento più “zen”: il peso scende velocemente? Bene, vuol dire che stiamo perdendo peso; il peso scende lentamente? Bene, vuol dire che stiamo comunque perdendo peso; il peso non sta scendendo? Bene, vuol dire che non stiamo perdendo peso… ma lo perderemo domani. Perché tanto, raggiungere il peso desiderato in un tempo piuttosto che un altro non cambia nulla sotto alcun punto di vista.
Date retta a me, pertanto: “take it easy”, prendetevela comoda, perché non c’è alcun motivo per non fare le cose con tutta la calma del mondo.
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