Il Manuale di sopravvivenza per dimagranti ® – Extra, sgarri e compagnia bella

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Nel boschetto della fantasia di quella sagoma di Elio e le storie tese c’è un nutrito numero (nella versione originale il concetto viene espresso un filo più prosaicamente) di animaletti un po’ matti inventati da lui, che lo fanno ridere quando è triste, lo fanno ridere quando è felice, lo fanno ridere quando è medio; in pratica lo fanno ridere sempre, quel nutrito numero (vedi commento di prima) di animaletti inventati da lui.

C’è’ il vitello con i piedi di balsa, il vitello con i piedi di spugna e indovinate chi c’è: c’è pure il vitello coi piedi di cobalto, c’è il vitello coi piedi tonnati, quattro ne ha inventati: sono gli animali della sua e della nostra fantasia.

Tralasciando le nefandezze perpetrate dal vitello dai piedi di balsa ai danni del vitello con i piedi tonnati e del vitello con i piedi di cobalto (scoperte per completezza dell’informazione dall’intraprendente vitello con i piedi di spugna) e sperando che nel boschetto della vostra fantasia non vi siano altrettanti animaletti un po’ matti, permettetemi di instillare un piccolo tarlo: ma siamo proprio certi che tutto quello che abbiamo in mente relativamente al capitolo dieta corrisponda alla realtà? Così come parrebbero non esistere vitelli con altri piedi che i propri (piedi, zampe… quel che l’è: ci siamo capiti) non è che magari anche alcune cose che noi consideriamo reali, in riferimento alle diete, siano in verità delle nostre fantasie, magari collettive?

Vero: ci troviamo per molti versi da parti opposte per non pochi aspetti, primo fra tutti quello relativo a chi sale sulla bilancia e chi se ne guarda bene. Ciò non toglie che alcune invenzioni siano… proprio tali e varrebbe pertanto la pena farci quattro chiacchiere, anche perché non è detto che la realtà non possa essere addirittura meglio della fantasia.

Meglio o peggio che sia, sicuramente è importante non perdere la testa e smettere di credere che la dieta debba essere fatta unicamente in modo impeccabile. Primo grosso equivoco da sfatare: non è assolutamente vero che piuttosto che fare male la dieta sia meglio non farla neppure. A parte il fatto che come abbiamo già avuto modo di dire piuttosto che niente è meglio piuttosto, non è pensabile che solo per il fatto di aver deciso di perdere qualche chilo uno debba rovinarsi l’esistenza. Non solo: è proprio per una questione di risultato a lunga scadenza che non si deve avere un approccio così “calvinista”. Stiamo parlando di una dieta, non di un intervento a cuore aperto! Di conseguenza, primo grosso insegnamento: “la dieta si fa quando non si ha nulla di meglio da fare”.

Vedo che la platea si è divisa a macchia di leopardo grosso modo in due fazioni, chi sorride e già pregusta diete allegre a base di manicaretti gustosissimi e chi scuote vigorosamente il capo impaurito da una simile proposta indecente (guarda un po’: la quasi totalità dei primi sono maschi mentre la stragrande maggioranza delle seconde sono signore…). Per buona pace di tutti quanti ci terrei a far notare che “il meglio da fare” non è che capiti poi così di frequente, perché, a conti fatti, molto del nostro “di più” ingurgitato non deriva da pasti luculliani preparati per festeggiare o celebrare eventi di vario genere, ma dalla mancanza più o meno assoluta di regole e regolarità nel “quotidiano” in cui predomina l’arte dell’arrabattarsi con quanto si scopre volta per volta in frigo.

In buona sostanza: se avete di meglio da fare che non nutrirvi con un tristissimo pugnetto di riso con una gocciolina d’olio, non pensateci due volte e godetevela pure, tanto che sarà mai… piuttosto se non avete niente di realmente meglio che senso ha appesantirsi con altro che non sia un piatto di spaghetti con i broccoletti fatti saltare in padella con un leggerissimo soffittino e una spolveratina di peperoncino? O magari un bel risino con le zucchine appena dorate e una spolveratina di curry?

Perché il punto non è perdere peso per perdere peso e soprattutto costi quel che costi, ma mangiare il meglio possibile in assenza di proposte realmente più allettanti. Il peso è come il quattro dopo il tre, vale a dir che vien da sé.

Tra l’altro, già che ci siamo: come lo chiamiamo quel “meglio da fare”? in quale categoria lo mettiamo? No, perché una delle aberrazioni che scaturiscono dalle nostre fantasie è l’utilizzo di termini assolutamente fuorvianti e fuori luogo.

Termini come “sgarro”, “peccato di gola” e “concessione” per esempio sono assolutamente svianti se applicati a eventi tutt’altro che immorali quale mangiarsi un cioccolatino, oppure bersi una birretta oppure rinfrescarsi con un gelatino. Cosa vogliamo aggiungere: un bel “Penitenziagite” come novelli Salvatore ne “Il nome della rosa”? Costringersi ad essere irreprensibili al punto di rinunciare a piccole piacevolezze o concedersele, ma catalogandole sotto voci negative, non fa altro che contribuire a farci odiare qualcosa che già di per sé non ha apparentemente molto di che farsi amare. Altra modalità è considerare quanto sopra alla stregua di premi meritatissimi per tutte le volte che si è riusciti a restare nell’assoluta correttezza, perché veramente non ha senso né rinunciare a qualsiasi tentazione da una parte e neppure concedersela creandosi sensi di colpa che non hanno ragione d’essere.

Certo, ci si deve chiedere quale insano motivo possa spingerci a credere che una piacevolezza occasionale possa arrecare disturbo ad una corretta alimentazione…

La risposta è che non ci si è ancora convinti che quella che si deve fare non è una dieta (per inciso: abbasso le diete) ma un’alimentazione corretta ed adeguata alle nostre reali necessità.

Pertanto ecco l’ennesima fantasia di cui sbarazzarci: per perdere peso di deve fare la dieta e per di più la si deve fare senza sgarri. E invece no: le diete fanno ingrassare e per questo sono da proscrivere. Si deve imparare a mangiare come si deve e soprattutto ci si deve rendere conto che mangiamo davvero molto più di quello che ci serve. Del resto se non fosse così mica saremmo qui adeso a parlarne, no?

Impariamo a mangiare e il peso scenderà di conseguenza ma soprattutto una volta raggiunto il peso definitivo non correremo troppi rischi di riprendere tutto il peso perso in quattro e quattr’otto.

D’accordo, forse non scenderemo come dei razzi missile, ma del resto che vantaggio si ha a scendere velocemente piuttosto che lentamente? Cosa cambia?

Ed ecco pertanto l’ultima perla di saggezza del capitoletto: non esiste un peso medio da perdere settimanalmente. Del resto come si fa a credere che una buona discesa preveda una riduzione di 2.2 libbre alla settimana? 142 grammi e rotti al giorno: non suona affatto bene e non è neanche cifra tonda! Eppure siamo convinti un po’ tutti (meno che il sottoscritto) che il peso che è lecito aspettarsi durante una dieta sia di un chilo alla settimana, che suona benissimo trattandosi di cifra tondissima. In realtà, e credetemi perché ve lo dico per esperienza, non solo non esiste alcun numero di riferimento, ma è anche controproducente inventarne uno, perché servirebbe solo a produrre ansia. Per cui evitiamo parametri che ci inducano a sentirci a qualsiasi titolo in difetto: ci pensa già la vita in generale a farci sentire spesso a disagio…

Per concludere, spero veramente che ci si renda conto di come molte delle nostre convinzioni non abbiano ragione d’essere, ma soprattutto siano assolutamente controproducenti: scoviamole tutte e sbarazziamocene, datemi retta.

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