Quattro cani per strada: il primo è un cane di guerra.
“Quattro cani per strada” (Francesco de Gregori)
Ovvero ditemi voi se avete visto qualche cane più da guerra di questo…
✩✩✩✩✩
Ma, mi sono sempre domandato, gli animali hanno un minimo di consapevolezza di sé? Intendo dire: un animale che si guarda allo specchio riesce a percepire che quello che vede riflesso è proprio lui? E se sì, percepisce la natura che traspare dalle proprie forme?
Me lo chiesi la prima volta che vidi un dobermann cresciuto secondo i nuovi standard, ovvero senza le mutilazioni imposte dalle specifiche originali dettate da Karl Friedrich Louis Dobermann, creatore della razza che prende il suo nome. Contrariamente al ricordo di un cane dall’aspetto estremamente minaccioso, probabilmente ancor più di quanto lo fosse veramente, e con la scritta “attenti alle giugulari” negli occhi, quello che io vedevo era un vero e proprio cucciolone a caccia di coccole.
I Dobermann, sia Karl che i suoi cani, nascono ad Apolda, città della Turingia, nel bel mezzo del 1800. Qui Karl svolge non uno, ma più mestieri quanto meno impopolari: accalappiacani, esattore delle tasse ed esecutore di sequestri giudiziari. Proprio a causa di queste attività, il previdente cinofilo cerca di dare vita ad un cane in grado di garantirgli un minimo di protezione rispetto alla sua, come dire, affezionata clientela. Incrocia, nell’arco di una ventina d’anni, un numero imprecisato di pinscher, fino ad ottenerne di dimensioni più di riguardo e quindi, per affinare ulteriormente la razza, il cane bovaro della Beauce, lo Stoppelhopser, antenato dell’attuale pastore tedesco, il cane da macellaio, progenitore dell’odierno rottweiler, il greyhound, l’alano blu e il bracco. Il cane che ne risulta è un animale talmente intelligente, affezionato e protettivo che furono non uno, ma due i risultati ottenuti dal paziente (?!) signor Dobermann: non morire di morte violenta e dar vita al cane dall’aspetto più aggressivo mai esistito.
Chissà cosa direbbe oggi il povero (?!) Karl se vedesse il suo cane con le orecchie lunghe e basse e la coda intonsa… ma soprattutto, chissà cosa pensa il dobermann stesso guardandosi allo specchio: si sentirà ancora l’implacabile “devil dog” dei marines oppure penserà d’essere un perfetto compagno di giochi per bambini o addirittura un simpatico appartenente all’allegra schiera dei cuccioli cerca amici?
Un bel dubbio, no?
Beh, comunque sia, dubbi non ce ne sono sul fatto che per noi uomini l’immagine e la percezione che abbiamo di noi stessi non sono semplicemente importanti, sono fondamentali perché, anche se ce ne dimentichiamo spesso, noi ci parliamo continuamente, sia con le parole che con i fatti, e tutto ciò che noi facciamo ci si spalma immediatamente di fronte, tanto che ci possiamo specchiare e vedere come siamo realmente… se ci mettessimo un minimo d’impegno.
Le cose buone che facciamo dobbiamo dircele e ridircele perché sono conquiste e perché innegabilmente ci aiutano a modificare l’immagine che abbiamo di noi stessi. Meditate, gente, meditate.
✩✩✩✩✩
Torna al sommario – Va al capitolo successivo (Riaccendetevi il sole)