Cento chili in cento giorni. Settima settimana: le abitudini

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“… è una catena ormai…”

 “Caruso” (Lucio Dalla)

 Ovvero del fatto che noi creiamo le abitudini che diventano le nostre principali catene.

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È un argomento decisamente poco accreditato quello delle abitudini, al punto che farà sicuramente storcere il naso a molti il fatto di trovarlo accostato a temi apparentemente ben più attinenti al tema della nutrizione. Naso a parte, le abitudini sono veramente un capitolo di fondamentale importanza perché di fatto sono loro a governare la nostra vita, almeno fino a quando non ci sbattiamo contro il naso (sempre lui). È che, consapevoli o meno, noi siamo schiavi delle abitudini, nel senso che ci mettiamo un attimo a crearle (basta fare per un paio di volte la stessa cosa) ma ci vuole una vita per accorgerci di quanto vivremmo meglio se riuscissimo a farne senza. Come si creano le abitudini è un interessante punto di domanda visto e considerato come sia importante non solo affrancarcene quanto non crearne altre.

Analogamente può essere importante crearne altre di segno opposto, per intenderci delle  abitudini buone in grado di dare vita ad un circolo virtuoso in opposizione a quello vizioso che ha contribuito a determinare il sovrappeso e la cattiva alimentazione a cui siamo stati, per l’appunto, abituati.

Concetto ulteriormente innovativo quello relativo alla rete delle abitudini, ovvero al fatto che non sarebbero le singole abitudini ad essere così negative, quanto la loro copresenza in una sorta di rete difficile da sciogliere e pertanto difficile da affrancarcene. Ottime a riguardo sono le conclusioni di alcuni studi sfociati addirittura in una teoria che prefigge di risolvere il problema del sovrappeso dichiarando guerra alle abitudini, in una sorta di dieta senza dieta.

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Quarantatreesimo giorno – Le abitudini

È per lo più senza rendersene conto che certi modi di fare, piuttosto che certe procedure o ancora determinate pratiche, assumano dapprima la connotazione di piacevoli consuetudini o utili routine e poi finiscano per diventare tran tran che subdolamente dettano ritmi e tempi della nostra vita, governandola senza che ce ne si accorga.

Di indubbia utilità in una moltitudine di ambiti, le abitudini rappresentano una forma inconscia di ottimizzazione degli eventi e di standardizzazione delle procedure, indispensabili per evitare ogni volta di dovere ragionare sulle stesse: sarebbe impensabile dovere ogni volta ripensare alla stessa cosa solo per trovarsi a ripeterla allo stesso modo. Il problema è che le abitudini non hanno solo una connotazione positiva, dato che per lo stesso motivo per cui le apprezziamo dovremmo anche criticarle: così come ci permettono di liberare parte del cervello dalla necessità di analizzare ogni volta gli stessi dati per trovare ogni volta (probabilmente) la stessa soluzione, ci inducono a tralasciare ogni revisione della stessa. Un po’ come quando ci si abitua a fare la spesa sempre nello stesso posto, ad andare in vacanza sempre nella stessa località turistica e a passare i week end sempre nello stesso modo: le abitudini ci impediscono di fatto di prendere in considerazione tutte le possibilità di volta in volta a nostra disposizione.

Per altro ci sono abitudini che si instaurano in un amen: basta fare una cosa una volta, ripeterla il giorno dopo e se la si ripete ancora il giorno successivo et voilà il gioco è fatto: senza che ce ne siamo accorti una nuova abitudine (un’altra potenziale catena) si è appena creata.

Quante sono le abitudini che governano la nostra vita? Quante ne abbiamo fabbricate nell’arco della nostra esistenza senza neppure che ce ne rendessimo conto? Soprattutto: quante e quali di queste abitudini dirigono inconsciamente le nostre scelte. Iniziare a prenderne atto è il primo passo per liberarcene.

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Quarantaquattresimo giorno – Schiavi delle abitudini

Di tutte le abitudini che governano la nostra vita, molte di queste riguardano la nostra alimentazione e sono talmente radicate da non essere neppure considerate tali, sono semplicemente modi di condurre la nostra esistenza talmente connaturati che neppure ci poniamo il dubbio che possano essere modificati.

E il punto è proprio questo: non ci rendiamo conto dell’opportunità di combattere le abitudini perché non ne comprendiamo la dannosità. E non ne comprendiamo la dannosità perché di fatto la dannosità non sussiste! E allora perché tutto questo chiasso attorno alle abitudini? Non possiamo tranquillamente lasciarle lì al loro posto? Purtroppo no ed il perché è legato al fatto che le abitudini rappresentano le catene con le quali siamo legati allo stile di vita e, in particolare, al modo di mangiare che aveva determinato il sovrappeso che, con tanto impegno, stiamo cercando di eliminare. È facile, si fa per dire, seguire un’alimentazione corretta, buttar giù qualche chilo magari praticando un programma alimentare fatto su misura ed aderire ad uno stile di vita finalmente salutare. Il bello, e anche qui si fa per dire, viene quando, trascorrendo il tempo, torneranno a bussare alla nostra coscienza le vecchie abitudini, dapprima come innocenti proposte di divagazioni alla monotonia della dieta e poi con pretese di esaudimento sempre più pressanti. Non è solo il lupo a perdere il pelo senza abbandonare il vizio: anche noi abbiamo il nostro bel da fare per fronteggiare il ritorno al modo di vivere di prima della dieta, tant’è che la percentuale dei fallimenti supera di gran lunga quella dei successi fin dalla media distanza.

Man mano che il tempo passa, tra le tante cose che converrebbe fare mentre si perde peso, sarebbe vantaggioso prepararsi all’attacco delle vecchie abitudini, le quali cercheranno di riprendersi il posto d’onore che è stato sottratto loro nella gestione della nostra vita.

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Quarantacinquesimo giorno – Come si creano le abitudini

Ma le abitudini alimentari che sembrano tanto difficili da superare, lo sono veramente? Assolutamente sì.

È meglio essere chiari fin dal principio, perché proprio per il fatto che all’inizio tutto sembra scorrere liscio come l’olio e senza nessuna difficoltà apparente ci si può illudere che sia sufficiente seguire diligentemente dei precetti alimentari perché i nuovi canoni mettano le radici. In realtà basteranno solo pochi mesi per accorgersi che le cose non stanno esattamente così e che tutto quello che poteva apparire sotto controllo assoluto in realtà non lo è affatto: sono le vecchie abitudini che tornano a farsi sentire. Un po’ è la solita teoria del lupo che perde il pelo ma non il vizio, secondo la quale nulla si può fare contro la propria natura. Ci può stare, tuttavia una lettura limitata agli stereotipi popolari rischia di essere troppo limitata, perché se pur è vero che c’è del nostro nel finire per soccombere all’affacciarsi delle vecchie abitudini, dobbiamo anche riconoscere che in definitiva attorno a noi nulla è cambiato… solo noi e solo in parte. Ora, per quel che ci riguarda, cosa abbiamo modificato? Giusto qualche abitudine alimentare, magari aumentando un po’ il pesce e riducendo salumi e formaggi, limitando le quantità di pasta e riducendo adeguatamente il numero di panini. Ma se per quel che riguarda noi i cambiamenti, seppur limitati, ci sono stati, per quel che concerne l’ambiente che ci circonda nulla è cambiato: i cibi continuano ad essere appetibili che più appetibili non si può; ovunque si vada il cibo persiste a circondarci; gli stimoli a mangiare non sono mutati; le pubblicità certamente non sono diventate meno pressanti; le occasioni per cedere agli eccessi non sono diminuite…

Non è solo una questione di abitudini alimentari nostre è una questione di abitudini planetarie: se loro non cambiano tocca a noi cercare di cambiare un po’ di più.

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Quarantaseiesimo giorno – Le abitudini buone

Di fronte allo scenario che non cambia non può bastare una piccola variazione nel nostro menù per aspettarci che da qui in avanti i risultati ottenuti lo siano per sempre: occorre fare di più.

Un po’ come lo studente che non eccelle deve cercare di migliorare un po’ in tutte le materie se vuole migliore la propria condizione, anche a noi spetta un compito leggermente più esteso che non rispettare le norme contenute su uno o più fogli di carta. Come possiamo infatti sperare di riuscire a fronteggiare con buone speranze di successo le stesse condizioni che ci hanno visto capitolare più e più volte nel passato? È esattamente come una squadra che si presentasse alla partita contro un avversario che non si è mai battuto senza essere cambiata a sufficienza: stessi uomini, stesso sistema di allenamento, stessi schemi…

Così è anche per noi nell’ambito della nostra decisione di adeguare l’alimentazione ad una maggior correttezza: quanto potrà durare la nostra determinazione se non siamo disposti a cambiare una virgola di noi stessi al di là delle indicazioni alimentari? Le statistiche affermerebbero molto poco. Diventa pertanto basilare fare due conti su quanto realmente riteniamo importante sistemare la nostra alimentazione e di conseguenza il nostro peso, perché  altrimenti non avrebbe senso sostenere mesi di privazioni per restare con un pugno di mosche.

E non è che poi occorra una grande fantasia per sapere cosa sia necessario fare, ovvero, molto semplicemente, le cose consigliate già dagli antichi: mangiare bene, muoversi di più e prestare attenzione al sonno e all’umore.

Sono queste le abitudini buone che dobbiamo creare sostituendole a quelle che stanno danneggiando la salute di tutti: mangiare male, muoversi poco e non prendersi cura di sé.

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Quarantasettesimo giorno – Il circolo virtuoso

Il contrario del circolo vizioso è il circolo virtuoso ed è ciò che dobbiamo instaurare nel tentativo di mettere la parola fine ai tentativi di perdere peso seguiti dalla ripresa dei chili persi.

Proprio come il circolo vizioso è una spirale di eventi negativi che si causano a vicenda, il circolo virtuoso è la concatenazione di situazioni positive che si sostengono l’una con l’altra. In questo scenario si inserisce magnificamente il nostro discorso circa le abitudini da spezzare, perché effettivamente ogni abitudine che si spezza può contribuire a spezzare la successiva.

E in che modo si realizzerebbe un circolo virtuoso, e più precisamente facendo riferimento al nostro obbiettivo: come farebbero una sana alimentazione, un buon movimento e la cura di sé (intesa come attenzione al propria salute interiore) a creare una spirale positiva? Semplicemente variando la percezione che abbiamo di noi, rimandando una immagine nuova ai nostri stessi occhi e producendo la chiara sensazione che “non dobbiamo cambiare” ma “siamo cambiati”. Perché, lo abbiamo già detto all’inizio, senza che noi lo si avverta il cervello è immerso in un continuo dialogo con sé stesso nel quale, silenzioso alle nostre orecchie, sottolinea continuamente ciò che osserva. Attento a tutto ciò che accade, il nostro cervello lo commenta senza sosta: come potrebbero sfuggirgli eventi eclatanti come noi che facciamo le scale, che rinunciamo all’ennesimo tagliere di salumi e formaggi della settimana e che cerchiamo 5 minuti per chiudere gli occhi e trovare un po’ di relax? Riconosciamo che siamo noi a fare queste cose in tempo reale: il circolo virtuoso ne riceverebbe notevole rinforzo, perché se un conto è seguire un menù per perdere qualche chilo (e già questo sarebbe un bel passo avanti) un conto ben diverso sarebbe preoccuparsi dell’intero nostro benessere

Lottare contro le cattive abitudini porta anche questo vantaggio: adottare uno stile di vita salutare a tutto tondo.

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Quarantottesimo giorno – La rete delle abitudini

Se c’è un’immagine utile per interpretare le abitudini nel loro insieme, questa è rappresentata da una rete, in cui ciascuna abitudine costituisce un nodo ed è pertanto legata alle altre: in questo modo nessuna abitudine può essere considerata svincolata dalle altre in senso assoluto e più se ne riesce ad eliminare.

Certo, bisogna fare un piccolo sforzo di immaginazione, però impegnandoci un pochino possiamo trarre un vantaggio enorme che è quello di poter visualizzare le abitudini in maniera più estesa e non astratte dal contesto in cui sono immerse. In questo modo è più facile intuire l’opportunità di dichiarare guerra (guerra per modo di dire, per carità) a tutte le abitudini, non solo a quelle alimentari scorrette, perché più nodi della rete si eliminano più difficile sarà che tali nodi (abitudini) si ricreino. Se facessimo fatica a comprendere in questo modo la realtà delle abitudini proviamo a considerare le abitudini come rami in una giungla intricata: tanti più rami si tagliano tanto è più facile mantenere ampi spazi districati. Togliere tanti nodi di una rete piuttosto che tanti rami in un groviglio sono ottime immagini per non solo visualizzare l’importanza di eliminare più unità possibili, ma anche per ammettere quanto la nostra vita sia soffocata dalle abitudini che ci scoraggiano di fronte ad ogni istanza di rinnovamento. È per questo motivo che non è sufficiente cambiare solo il modo di mangiare, perché cambiare una sola abitudine significa non mettersi al riparo dalla riformazione della rete (o del groviglio) come era preformata prima che mettessimo ordine nella nostra alimentazione.

Ogni volta che in passato abbiamo cercato di seguire una dieta e abbiamo fallito in parte è stato anche per questo, ovvero per non avere dato peso alle raccomandazioni di aderire ad uno stile di vita estesamente più salutare, eliminando più catene possibili che ci legavano ad un modo di vivere più disordinato e meno attento alla salute.

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Quarantanovesimo giorno – La dieta senza dieta

Per concludere l’ampio discorso sull’opportunità di affrontare le abitudini in modo esteso e determinato, giunge quanto mai autorevole lo studio condotto da un’associazione di psicologi americani che ha fondato una società dal titolo quantomeno intrigante: “La dieta senza dieta”.

Ovviamente il dubbio sorge in un amen: come fa una dieta ad essere senza dieta? Vuol forse significare che si può stare a dieta senza limiti e restrizioni caloriche? Esattamente: il senso è proprio questo. Ma se non si mangia meno cosa si deve fare? Una cosa soltanto: prendere di mira le abitudini e impegnarsi ad abbatterne il più possibile. In effetti è un assunto che ha dell’incredibile, tuttavia i risultati sono assolutamente incontrovertibili e parlano chiaro: seguendo il principio dell’affrancamento e dalle consuetudini si possono perdere non pochi chili senza incorrere nel tedio di una dieta comune. Il principio su cui si basa la dieta senza dieta è che le abitudini rappresentano per la nostra mente l’equivalente della sedentarietà per il nostro corpo. Lo dimostrerebbe in primo luogo l’osservazione fatta dai ricercatori della società in questione su un campione estesissimo di impiegati, i quali presentavano le curve del peso e dell’attitudine alla sperimentazione (indice di affrancamento piuttosto che di asservimento alle abitudini) inversamente proporzionali. In secondo luogo lo confermerebbe il fatto che impegnandosi a rimettere in gioco le proprie convenzioni le persone perdevano chili con disinvoltura e senza fatica.

C’è in definitiva del buono in questa teoria? Direi piuttosto dell’ottimo, visto come abbiamo chiarito la priorità di svincolarsi il più possibile da quelle che sono delle vere e proprie dipendenze mascherate. Certo, per noi assertori della buona alimentazione un piccolo correttivo lo dovremmo applicare, perché dimagrire senza migliorare l’alimentazione non può essere considerato ottimale. Lotta alle abitudini sì, pertanto, ma anche lotta agli errori alimentari, per un dimagrimento veramente salutare.

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