Cento chili in cento giorni. Quarta settimana: Gli obbiettivi

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“Ma Nino non aver paura a sbagliare un calcio di rigore,

non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore”

“La leva calcistica della classe ’68” (Francesco De Gregori)

Ovvero del fatto che non ci sono solo una dieta e l’obbiettivo del dimagrimento, ma molto di più.

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Siamo fatti così: abbiamo bisogno di obbiettivi per fare le cose. E ne abbiamo talmente bisogno che se non li abbiamo non riusciamo neppure a partire. Bene, e se dicessi che il nostro obbiettivo non è perder peso ma più giorni e più vita? Sicuramente nella nostra mente il peso ideale ha assunto un valore quasi soprannaturale, ma se adesso dicessi che Il peso ideale non è obbligatorio come la prenderemmo?

Troppo impegnativo e assolutizzante, il peso ideale potrebbe anche essere raggiungibile, ma a volte a prezzo di tali e tanti sacrifici da consigliare di assumere altri pesi come obbiettivo: il peso ottimale, il peso ragionevole, il peso sociale. Alla fine scopriremo che c’è un altro peso che può rappresentare il nostro obbiettivo ed è un peso assolutamente innovativo: il peso zen. E qui il cerchio che si chiude.

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Ventiduesimo giorno –  Gli obbiettivi

Quando si varca la soglia dello studio di un dietologo, oltre a provare un impulso irresistibile a fuggire, si è verosimilmente tanto carichi di aspettative quanto di convinzioni: in primo luogo si è sicuri di essere lì per dimagrire.

Ci può stare, anzi, va benissimo: il desiderio di perdere peso, quando effettivamente questo sia eccessivo, costituisce sempre un’ottima idea. La quantità di vantaggi e di benefici che ne conseguono sono tanti e tali da far levare ad ogni medico il cappello di fronte a chi si decide a metter mano quanto meno alla propria alimentazione. Fatta professione di stima nei confronti di ogni possibile dimagrante converrebbe passare sotto la lente d’ingrandimento proprio quel “quanto meno” perché potremmo scoprire che gli obiettivi potrebbero essere diversi da come li avevamo sempre raffigurati, potrebbero essere più di uno e potrebbero anche essere in stile matrioska.

È importante, pertanto, prima di partire o comunque quando si è ancora agli inizi mettere a fuoco i possibili scopi dell’impegno che ci aspetta, in modo da esserne maggiormente consapevoli ma soprattutto avere maggiori probabilità di raggiungerli.

E quindi siamo qui per dimagrire o per fare cosa? Sicuramente per dimagrire, ma non solo… siamo qui anche per:

cercare di mettere ordine all’alimentazione e imparare a mangiare in modo salutare;

chiarire che il “dove si vuole” arrivare potrebbe anche non combaciare con il “dove si può” e il “dove conviene” arrivare;

puntare a raggiungere molto tranquillamente uno stile di vita complessivamente più salutare per un esistenza più lunga e piacevole;

In definitiva, quando si varca la soglia dello studio di un dietologo, ci potrebbe scappare qualcosa in più di un prestampato con una serie di menù e di sostituzioni. Avere la disponibilità ad accogliere qualche proposta che vada oltre quella del semplice dimagramento potrebbe rappresentare la chiave di volta di un successo inaspettato.

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Ventitreesimo giorno –  Più giorni e più vita

Il desiderio di perdere peso è talmente forte e spesso così carico di componenti emotive che va preso immediatamente e sinceramente in massima considerazione. Tuttavia questo desiderio potrebbe essere un ottimo pretesto per impostare un discorso molto più ampio e produttivo con un obbiettivo decisamente più ambizioso che è quello di “aggiungere giorni alla nostra vita” ma soprattutto “vita ai nostri giorni”.

Con questa premessa, limitare il valore di una dieta ad una semplice cura dimagrante è un vero peccato perché se tutto quel che si cerca è giusto una riduzione del peso alla fine si potrà anche raggiungere l’obbiettivo che si è prefissato ma si finirebbe per perdersi tutto il resto. Nulla di male, per carità, però perché porsi da soli dei limiti quando ci si potrebbe anche lasciare trasportare dall’onda dell’entusiasmo per puntare a qualcosa di più? Senza contare che trattenersi al solo calo ponderale si metterebbe a rischio anche il traguardo del buon peso raggiunto, perché limitandosi a eseguire un programma con un unico obbiettivo, importante ma non poi così completo, potrebbe non essere sufficiente per mantenere i risultati ottenuti.

Ovviamente non si tratta di cercare fin da subito di andare oltre ai confini già poco confortevoli della dieta, ci mancherebbe altro… ma di fare un po’ come Forrest Gump che “Quel giorno, non so proprio perché decisi di andare a correre un po’, perciò corsi fino alla fine della strada, e una volta lì pensai di correre fino la fine della città, e una volta lì pensai di correre attraverso la contea di Greenbow. Poi mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui tanto vale correre attraverso il bellissimo stato dell’Alabama, e cosi feci. Corsi attraverso tutta l’Alabama, e non so perché continuai ad andare”.

Non un obbligo, dunque, e neppure un’imprescindibilità: solo la possibilità di prendere gusto per la salute.

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Ventiquattresimo giorno – Il peso ideale

Una delle prime domande che, comprensibilmente, viene rivolta al dietologo il giorno della prima visita riguarda il peso ideale. Rispondere a questa domanda non costa nulla, ma potrebbe essere utile fare un passettino in più…

Per spiegare che esistono più pesi che possono essere presi in considerazione lungo il percorso di dimagramento e che non è detto che sia proprio il peso ideale a rappresentare il punto d’arrivo del percorso.

Generalmente il peso ideale viene ottenuto usando strumenti che possono essere semplici come un metro da sarta, solo leggermente più complessi (per esempio il plicometro, che poi non è altro che un riadattamento del normale calibro meccanico) o decisamente più elaborati (per esempio l’impedenzometro, che può essere staccato o incorporato con la bilancia). Tutti questi strumenti cercano di desumere la quantità di massa grassa presente nell’organismo definendo quello che dovrebbe essere il peso più indicato per la persona in questione. Ma a cosa corrisponde il peso ideale ce lo siamo mai chiesti? Probabilmente no. Il peso ideale, solitamente, è il risultato di calcoli molto complessi che cercano (cercano) di indicare il valore ponderale al quale corrisponde il maggior livello di salute possibile, coincidente con una percentuale di grasso ottimale differente da persona a persona in base al sesso e all’età. Non dice che a quel peso saremo più belli e più attraenti, agili e scattanti, attivi e disinvolti, ma solo statisticamente più longevi. Altra cosa che non ci dice e se quel peso sia raggiungibile o almeno avvicinabile, perché non tiene conto della storia della persona e tanto meno della sua alimentazione abituale.

Il peso ideale potrebbe rappresentare effettivamente il punto di riferimento nel corso del percorso di dimagramento, ma difficilmente viene raggiunto. Ciò nonostante è un numero al quale dovremo prestare estrema attenzione.

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Venticinquesimo giorno – Il peso ideale non è obbligatorio

Il fatto che il peso ideale possa non rappresentare il punto d’arrivo di tutto il nostro impegno non toglie nulla al fatto che questo resti comunque un punto di riferimento di importanza straordinaria.

Ma a cosa può servire un numero se poi non lo si prende in considerazione come traguardo del nostro percorso? Semplice: ci serve per potere avere una precisa conoscenza delle condizioni del nostro organismo in termini di composizione corporea e avere pertanto maggiore consapevolezza circa l’opportunità di seguire o meno una dieta. Nel primo caso, quello in cui è presente un reale stato di sovrappeso, consentirebbe di riformulare l’obbiettivo potenzialmente sovrastimato o sottostimato da una lettura un po’ troppo soggettiva. Tra l’altro sarebbe importante essere edotti del fatto che non sono i tre o quattro chili in più a cambiare i parametri di sopravvivenza, per cui una deviazione di qualche chilo dal peso ideale sarebbe sostanzialmente insignificante in termini di salute. Essere consapevoli dei chili realmente in più può in definitiva essere importante per spingere o togliere il piede dall’acceleratore senza obbligatoriamente puntare ad un numero del quale non conosciamo minimamente la raggiungibilità: sapere che si hanno ventitre chili in più del dovuto non implica che li si debba perdere tutti… se ne potrebbero perdere anche solo una quindicina. Tuttavia essere a conoscenza di quegli otto chili che restano in più dovrebbe far pensare all’opportunità di non essere troppo transigenti in termini di concessioni una volta raggiunto il peso finale, quello cioè oltre il quale non si scende più.

Concludendo: il peso ideale è quel peso che il nostro organismo dovrebbe possedere per potere garantire dal punto di vista statistico le maggiori chance di salute, ma possiamo tranquillamente accontentarci di avvicinarci senza dovere per forza raggiungerlo.

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Ventiseiesimo giorno – Altri pesi come obbiettivo

Visto che è bene che il peso ideale non rappresenti un imperativo categorico, esiste qualche altro “peso qualcosa” che potrebbe sostituirlo come obbiettivo?

Certamente sì, esistono almeno altri tre “pesi qualcosa” interessanti: il peso ottimale, il peso ragionevole, il peso sociale più un quarto ancor più interessante (e ovviamente il mio preferito)… il peso zen.

Tutti questi pesi sono accumunati dal fatto di non essere frutto di calcoli o di considerazioni algebriche, di essere in primo luogo concetti e solo in un secondo tempo numeri e di iniziare a prendere corpo solo in corso d’opera come una sorta di patteggiamento tra la semplicità del desiderio e la complessità della realtà. Di fatto, i pesi ottimale, piuttosto che ragionevole o ancora sociale non fanno altro che descrivere le previsioni di calo ponderale alla luce di come la dieta sia stata accolta e della resa effettiva che ha avuto questa accoglienza. Si tratta in fin dei conti di comprendere cosa ci stia succedendo piuttosto di che cosa ci succederà:

stiamo andando verso il peso ottimale qualora, faticando a raggiungere il peso ideale, accettassimo un traguardo inferiore al più ambizioso ma poi neppur di molto: giusto una riduzione delle aspettative alla luce dell’impossibilità di raggiungere un traguardo francamente inarrivabile;

stiamo accettando il sano compromesso del peso ragionevole nel caso in cui, avvertendo la dieta come troppo totalizzante e decidessimo di trovare una mediazione più morbida tra costi in termini di impegno e benefici;

stiamo optando infine per il peso sociale quando a causa di un’intensa vita sociale decidessimo preservare assolutamente quest’ultima anche a costo di una notevole riduzione del desiderio.

In definitiva potremmo dire che il primo peso di riferimento è quello ideale, al quale conviene non legare assolutamente il cuore; poi prese le misure si prende anche atto del tipo di peso a cui potremo aspirare realisticamente: ottimale, ragionevole o sociale; da ultimo ecco che interviene il peso zen, il peso definitivo, quello da mantenere.

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Ventisettesimo giorno – Il peso zen

Ovunque il peso si stabilizzi quello è l’obbiettivo: molto zen, molto easy ma soprattutto molto pratico, questo concetto rappresenta il culmine del discorso relativo al peso ideale e agli altri pesi che possono volta per volta costituire il nostro punto d’arrivo.

Asserire che l’obbiettivo dei nostri sforzi sia il peso raggiunto può apparire più che altro una gran furbata, come dire che le nostre frecce raggiungono sempre il bersaglio perché… quest’ultimo viene indicato solo una volta atterrata la freccia. Troppo facile? Piuttosto: troppo giusto! Pensiamoci un attimo: arrivati all’ultimo peso, quello da cui sembriamo proprio non schiodarci più, ha ancora senso parlare di peso ideale o altro? Sicuramente sì, ma altrettanto certamente non in termini di obbiettivo, perché verosimilmente (si deve sempre lasciare il beneficio del dubbio) se siamo arrivati fin qua e non riusciamo ad andare oltre è perché abbiamo raggiunto il peso migliore raggiungibile, e pertanto il nostro obbiettivo. Ci si potrebbe chiedere, e qualcuno lo fa: “Ma non potremmo limare la dieta e scendere ancora un po’?” Tutto è possibile, ma che senso avrebbe destrutturare l’equilibrio costruito in mesi e mesi di percorso solo per aggiungere qualche chilo al novero di quelli persi? L’armonia raggiunta in termini di impegno e soddisfazione potrebbe valere l’effimerità di un peso straordinario ma difficile da mantenere? Direi proprio di no. E in fondo il peso zen esiste proprio per questo: per dirci che avendo imparato a mangiare correttamente e in modo essenziale, seppur con gusto, e avendo raggiunto un concerto ottimale tra dedizione e gratificazione, il peso raggiunto non può essere che la somma di ogni peso fin’ora “inventato” nel corso della nostra evoluzione e maturazione

Il peso ideale non esiste e tanto meno quello ottimale, ragionevole e sociale. Sono tutte nostre invenzioni transitorie, fasi attraverso le quali passare per raggiungere la vera essenza del discorso: l’obbiettivo si trova da tutt’altra parte.

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Ventottesimo giorno – Il cerchio che si chiude

Ed ora chiudiamo il cerchio, ripartendo dal punto iniziale, quello in cui entravamo nello studio del dietologo pensando di ricevere una dieta per dimagrire fino a raggiungere o quasi il peso ideale.

Nel percorso seguito abbiamo visto come questi tre elementi andrebbero un po’ rivisti, sia nell’ottica di avere maggiori prospettive di riuscita, ma soprattutto in osservanza all’opportunità di portare a casa qualcosa più di un semplice calo ponderale.

Anzitutto dobbiamo sostituire l’idea di metterci a una dieta con il ben più gratificante e lungimirante imparare a mangiare bene. La differenza sarebbe nulla se considerassimo il termine dieta nella sua accezione più corretta di igiene di vita, ma per come siamo abituati a reputarla la differenza è abissale: mangiare bene è uno dei capisaldi della salute (con il movimento e la cura di sé) ed oltretutto è anche più versatile. Nel nostro immaginifico una dieta è un prestampato da seguire, il mangiar bene può anche essere ricco di piacevolezza.

In secondo luogo è fondamentale riuscire a guardare un po’ più in là del nostro, metaforicamente magari già lungo, naso per estendere il nostro obbiettivo a qualcosa di più importante che non perdere qualche chilo, ovvero, ripetendomi, aggiungere anni alla nostra vita e, soprattutto, vita ai nostri anni. Si tratterebbe solo di aumentare la consapevolezza dell’importanza della salute in un contesto in cui l’obbiettivo più importante non esclude quello più immediato, anzi ne da lustro e vigore.

Da ultimo sarebbe bene dare la maggior tara possibile al “peso ideale”, qualificandolo sostanzialmente come un indicatore del peso in più e basta: il peso a cui mirare non lo conosce nessuno e solo una volta raggiunto potremo dire che era quello. Del resto volere a tutti i costi un numero al quale mirare non lascia presagire nulla di buono, se non frustrazione e insoddisfazione.

In definitiva si tratta di rivedere i nostri presupposti solo con un respiro più ampio.

 

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