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“Il mondo… non si é fermato mai un momento.”
“Il mondo” (Enrico Sbriccoli, in arte Jimmy Fontana)
Ovvero che il mondo è andato avanti… eccome se è andato avanti.
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E quindi da dove partiamo? Mica è facile trovare un punto in cui addentare l’argomento… (bell’immagine, eh?) Tutto sommato, però, un dato incontrovertibile dal quale prendere spunto per i nostri cento giorni da passare insieme ci sarebbe, ossia che il peso è aumentato ed è aumentato su scala planetaria, dapprima lentamente e poi sempre più velocemente ed inesorabilmente.
Il fatto è che a fronte di un organismo sostanzialmente invariato, ci troviamo ad affrontare condizioni completamente diverse rispetto a quelle affrontate per centinaia di migliaia d’anni dai nostri antenati. Non dobbiamo infatti dimenticarci che tutt’ora, geneticamente, noi siamo ciò che eravamo, e questo non da qualche migliaio d’anni, ma da ben duecentomila anni. Facendo mente locale ci accorgiamo che il peso è aumentato con il benessere, diventando di fatto paradossalmente uno degli indici più evidenti dello stesso. Anzi sempre sul filo dell’iperbole potremmo chiederci: “ma non è che il peso è un indice democratico?”, visto che il sovrappeso non è precluso a nessuno.
Democrazia e scherzi a parte, un’ammissione di colpa globale la dobbiamo fare: abbiamo chiuso gli occhi e stiamo accettando passivamente una nuova normalità nel modo di gestire la nostra alimentazione, una normalità fatta di cibi ipercalorici, iperappetibili e soprattutto onnipresenti, chiara dimostrazione di quanto facilmente prevalgano gli interessi di pochi a scapito della salute di tutti, perché dobbiamo ammettere che a differenza di un tempo in cui si mangiava per necessità, adesso neppure si desidera il cibo, semplicemente si mangia.
Primo giorno – Benvenuto
Parlare di peso senza fare riferimento al passato, tutto il nostro passato, anche quello più remoto, non permette di avere il quadro completo della situazione e pertanto non consente di trovare risposte adeguate (per quanto umanamente possibile) alle nostre attese di ricerca del peso ideale.
Purtroppo in questo senso non c’è scampo: cercare di perdere peso prescindendo dalla nostra natura rischia di perpetuare continui buchi nell’acqua, visto e considerato che il nostro organismo i chili li vuole mettere, non perdere.
Quest’aspetto è straordinariamente importante perché rappresenta l’elemento portante di ogni discorso sul peso, che è cresciuto complessivamente oltre ogni attesa non appena l’alimentazione è diventata superiore alle reali necessità, tanto che oggi la lotta al sovrappeso rappresenta il primo obbiettivo per la salute dell’emisfero ricco del pianeta (paradossalmente l’opposto di quello dell’altro emisfero).
Il fatto è che l’impennata consumistica portata dal progresso unita ad uno stravolgimento delle abitudini alimentari è stata talmente rapida da non avere consentito un relativo adeguamento del nostro organismo, così da determinare un incremento vertiginoso della differenza tra le calorie introdotte e le calorie consumate.
In fin dei conti il punto è proprio questo: comprendere che pur essendo quelli di sempre (per intenderci quelli che vagavano incessantemente per la savana nella disperata ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti e contendevano le prede alle tigri dai denti a sciabola) oggi ci ingozziamo di ogni ben di Dio (anche se non scomoderei il Padreterno per definire quello che mangiamo oggi) senza fare grande fatica.
Partiamo pertanto con un primo obbiettivo, quello di focalizzare la situazione che per quanto personale non può non fare i conti con fattori ambientali e sociali che, se compresi, possono metterci sulla strada buona per raggiungere i nostri veri obbiettivi: imparare a mangiare meglio, in modo salutare e possibilmente perdere qualche chiletto.
Secondo giorno – Il peso è aumentato
Se già negli anni ottanta si iniziava a intravedere la nuova tendenza, ora non ci sono più dubbi: il mondo è ingrassato ed è ingrassato anche parecchio, visto che negli Stati Uniti almeno metà della popolazione è in sovrappeso… ah però!
In realtà di quella metà, il cinquanta per cento è francamente obeso per cui ne deriva che ben un quarto della popolazione di un paese importante come gli USA vive in condizione di salute tutto fuor che ottimale.
Ovviamente non è sempre stato così, perché nella prima metà del secolo le persone in sovrappeso erano molto ma molto meno. Lo dimostrano le statistiche secondo le quali almeno fino al dopoguerra l’aumento di peso nel corso della vita era estremamente contenuto e i chili acquisiti in gioventù addirittura venivano persi nella terza età. È stato con l’avvento del benessere che i chili hanno iniziato a lievitare al punto che le donne statunitensi oggi pesano mediamente una quindicina di chili in più rispetto alle loro coetanee di una cinquantina di anni fa (quindi già un periodo di iniziale benessere). Il tutto in costante aumento.
“Mal comune, doppio male” direbbe a riguardo il saggio, considerando come purtroppo gli Stati Uniti rappresentino ciò che saremo noi tra non molto, visto come la globalizzazione stia portando anche tra noi mediterranei abitudini e disordini assolutamente inaspettati rispetto alle nostre tradizioni.
By the way, non si tratta solo del nostro sovrappeso ma del sovrappeso (per di più crescente) dell’intera società moderna e dei nostri figli soprattutto.
Rendersi conto del problema del peso è pertanto importante sia sul versante personale sia su quello comunitario, perché comporta una scelta decisamente contro tendenza e a tutela della salute di tutti. Una scelta encomiabile, degna del massimo rispetto e pertanto meritevole di ogni considerazione.
Terzo giorno – Siamo quel che eravamo
Siamo le creature più belle dell’universo conosciuto, l’apice dell’evoluzione: intelligenti, socievoli, industriose, creative e tante altre cose belle (magari non solo, ma al momento possiamo fregarcene), tuttavia con una particolarità, il nostro corpo gira per il globo terracqueo da qualche centinaio di migliaia d’anni.
Questo aspetto non è propriamente una quisquilia perché è con ciò che noi dobbiamo fare i conti quotidianamente, ovvero con il fatto che il nostro corpicino sia stato forgiato in miliardi d’anni di evoluzione per essere quello in grado di sopravvivere meglio di qualunque altro agli urti della vita: abbiamo il cervello più voluminoso in rapporto al peso; il pollice opponente che ci consente di manipolare gli oggetti; la capacità di formulare pensieri astratti e divulgarli attraverso un’infinità di mezzi; ma anche e per certi versi soprattutto la capacità di fare venti minuti di corsa consumando solo l’equivalente di un cioccolatino. Certo, detta così, suona assolutamente positivo… peccato di questi tempi si mangi quotidianamente l’equivalente di un centinaio di cioccolatini!
Questa nostra capacità di sopravvivere con poche calorie rappresenta un vero e proprio primato in ambito animale: basti pensare che mediamente un passerotto ingurgiti una quantità di cibo ben superiore al proprio peso. Noi, invece, ci accontentiamo del due per cento. E ciò è comprensibilissimo: il nostro organismo è quello per il quale l’evoluzione ha avuto più tempo a disposizione per ottimizzare in termini di resa. Se fossimo un’auto saremmo una Ferrari che consuma come una Smart: grande vantaggio se avessimo continuato a rincorrere uri nelle savane o a tendere agguati ai mammut nelle steppe…
Che dire: oggi il nostro organismo deve combattere ben altre e pericolose sfide, per esempio quella di non ammalarsi visto il surplus del cibo ipercalorico dei nostri giorni rapportato ad un fisico ottimizzato per campare con poche briciole (lo stretto indispensabile…)
Quarto giorno – Il peso è un indice democratico?
Se dovessimo valutare lo scibile umano in base alle conoscenze in campo dietologico, staremmo messi maluccio. Una cosa, però, la sappiamo per certo: non tutte le persone in sovrappeso sono tali per motivi costituzionali, e sono davvero ben poche le persone che ingrassano anche solo mangiando poche calorie.
Chi ha già qualche decade alle spalle (chi non l’avesse si fidi di noi che siamo vicini all’età dei datteri) ricorderà senz’altro che un tempo erano quasi tutti tendenzialmente magri e le persone in semplice sovrappeso erano decisamente la minoranza, per lo più quelle ricche e ben nutrite. Tra queste i grandi obesi erano ancora meno ma con pesi di tutto rispetto, e spiccavano in modo eclatante. Si trattava di quanti, pur in condizioni di nutrizione sub ottimali, continuavano ad ingrassare nonostante la penuria di cibo. Erano una minoranza che non apparteneva a classi sociali specifiche: ricchi o poveri che fossero il loro peso era alto per motivi costituzionali.
Al giorno d’oggi le cose sono cambiate radicalmente: il miglioramento delle condizioni generali ha portato ad una disponibilità di cibo praticamente illimitata per tutta la popolazione con la conseguenza che il numero delle persone in sovrappeso o obese è aumentato a dismisura. Anche il numero dei grandi obesi è aumentato in misura proporzionale: tra questi ci sono sia quanti sono ingrassati per avere mangiato ben più del loro necessario, sia quanti sono ingrassati pur mangiando poco, più o meno come i loro omologhi del passato, che riuscivano ad essere grassi anche in tempi di carestia per via di una genetica particolare.
In quale categoria ci riconosciamo: in quella composta dalla stragrande maggioranza delle persone in sovrappeso, tali per non essere riuscite a limitarsi nel tempo, o in quella composta da quanti ingrassano con l’aria? Se tra i primi avremmo di che arrabbiarci: un tempo saremmo stati in ottima forma; se tra i secondi consoliamoci: saremmo verosimilmente stati altrettanto in sovrappeso.
Quinto giorno – Una nuova normalità
Non c’è nulla come guardarsi attorno e osservare l’andamento delle cose per finire in breve tempo con l’adeguarvisi automaticamente. Il modo di fare comune, le pubblicità, gli stereotipi televisivi espongono (ma in un certo senso impongono) nuove “normalità” con le quali tutti noi dobbiamo fare i conti.
E in definitiva quello che frega la maggior parte delle persone (ma potremmo anche dire tutte) è pensare che tutto ciò che ci appare come normale lo sia veramente, senza rendersi conto che nel tempo, specialmente negli ultimi anni, si sono definiti standard assolutamente impensabili fino a mezzo secolo fa. Un tempo non c’erano tutte le prelibatezze di oggi, vere ma soprattutto presunte tali, e soprattutto queste non erano così diffuse e facilmente reperibili. Un tempo l’alimentazione era composta da cibi sani e per lo più semplici, ricchi di fibre e poveri di ingredienti raffinati. Gli snack, dolci e salati, rappresentavano delle vere e proprie rarità. Non c’erano ciotoline con caramelle sul desk di ogni ufficio (non c’erano neppure gli uffici) e non si festeggiava con pizzette e pasticcini ogni evento in ogni ambito (non si festeggiava proprio).
Oggi giorno è normale spezzare la mattina e il pomeriggio con qualcosa, almeno un caffè, senza pensare che quella della merenda è sempre stata una concessione ai bambini in crescita. Non da meno non ci si preoccupa di sottrarre lo spuntino dagli altri pasti: lo si aggiunge e basta perché è normale.
Così come è normale assumere millecinquecento calorie per un menù presso la catena più famosa di hamburger del pianeta, pasteggiare quotidianamente con bibite gassate, dolci e poco salutari (niente nomi, please, neppure a mente), e, infine, spendere dieci volte tanto per paste o risi precucinati, che fanno risparmiare al massimo dieci minuti di tempo, ma allontanano ulteriormente da un’alimentazione salutare e controllata.
Non è il caso di demonizzare nulla, intendiamoci, perché di fatto l’attuale normalità è pensata da altri per la salute. Delle proprie finanze, però.
Sesto giorno – Gli interessi di pochi a scapito della salute di tutti
“È facile controllare il peso se sai come farlo”, ci assicura Allen Carr nel suo famoso saggio. E sarebbe ancora più facile se non fossimo circondati da montagne di cibo, assolutamente irresistibile e pubblicizzato in modo tanto evocativo.
Al giorno d’oggi Il cibo è diventato un elemento che trascende non solo la sua originaria funzione di nutrimento, ma anche tutte le sue incarnazioni culturali e romantiche: estensione dell’amore materno; luogo della creatività di cuochi e di chef; strumento principe dell’ospitalità domestica… Da quando è diventato palese il suo infinito potenziale in termini di ritorno economico, veniamo sommersi da cibi studiati non solo per incontrare il gusto comune, ma addirittura per lasciare disarmati di fronte a tanta e tale irresistibilità.
L’industria alimentare, mediamente, non si cura dell’aumento progressivo del sovrappeso nel mondo né dal numero in continua crescita di bambini obesi. In nome del profitto studia i suoi prodotti in modo che il loro richiamo risulti invincibile e studia ogni forma di pubblicità che provochi nei consumatori un desiderio irrefrenabile.
Perché in fin dei conti è questo che siamo diventati: consumatori. E lo siamo diventati al punto tale che non ci stupisce più neppure questa qualifica… consumatori. Del resto come tali ci comportiamo, un po’ in tutti i settori produttivi e pertanto anche in quello alimentare.
E allora non c’è da stupirci se l’industria alimentare cerca il rapporto perfetto tra grassi, zuccheri e sale in grado di dare dipendenza e utilizza topi di laboratorio per verificare il grado di irresistibilità di un nuovo prodotto.
Neppure si fa caso all’aberranza dei “menù maxi” che incantano gli acquirenti con un surplus di prodotti per pochi centesimi, ma ciò nonostante sono fonte di un enorme guadagno. Per i “consumatori” il guadagno è prevalentemente in termini di chili. Pure questo, ci tocca…
Settimo giorno – Non si desidera il cibo, semplicemente si mangia
Uno degli aspetti che più di ogni altro identifica il nostro attuale rapporto con il cibo è costituito senz’altro dall’assenza di preoccupazioni nei riguardi del suo reperimento: ne è testimonianza il fatto che un tempo la domanda “oggi cosa mangeremo” avesse un significato completamente diverso da quello attuale.
Oggi mangiamo continuamente e il cibo, piuttosto che rischiare di essere poco, spesso è “più del più” che già ci siamo abituati a considerare normale, tanto che finiamo abitualmente con il buttarlo via o con il consumarlo contro voglia per rispetto di quanti vivono la situazione diametralmente opposta alla nostra.
Ovviamente questa non è la condizione migliore per preservare la nostra salute, ma soprattutto non lo è per provvedere al miglioramento del nostro peso: una simile sovrabbondanza di cibo non può che portare al consumo eccessivo anche laddove si è convinti di essere attenti a non cadere nelle lusinghe del cibo così strettamente a portata di mano (ma a portata veramente!).
Ciò che oramai purtroppo non ci colpisce più neppure è che al giorno d’oggi non mangiamo più perché ne sentiamo o ne abbiamo la reale necessità ma semplicemente perché possiamo. Non è più la fame a governare la nostra ricerca di cibo, anzi non esiste più neppure la ricerca del cibo, perché il cibo è a nostra disposizione, pronto per essere consumato senza che se ne sia avvertita la reale necessità. Forse a farci allungare la mano è il languorino o il desiderio di qualcosa di buono, ma di sicuro non la necessità. Oppure ancora è la bramosia che deriva dalla dipendenza indotta da cibi creati proprio con questo proposito, ma anche in questo caso non si tratta di necessità.
Un po’ come dire che di tanto in tanto una gazzella passasse a casa del leone, gli spalancasse le fauci e ci infilasse il collo. Ah, e gli dicesse pure, in spregio al bon ton: “Buon appetito, maestà”.